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Gianrico Carofiglio, “La regola dell’equilibrio”, Ed. Einaudi, Torino, 2014 – Recensione di Andrea Giostra.

Carofiglio-La regola dell equilibrio-001Introduzione:

Oggi, Domenica 5 giugno 2016, in Italia è giorno di elezioni amministrative. Allora mi è venuto in mente un bellissimo Romanzo di Gianrico Carofiglio letto e recensito lo scorso anno, 2015. Carofiglio, da ex magistrato qual è stato e da importante ed acuto scrittore italiano, ci racconta una storia apparentemente fantasiosa, finzionale, inventata, ma che nella realtà – è la lettura che do io ovviamente! – rappresenta quella che è la realtà vera e quotidiana del nostro Paese, l’Italia. La realtà istituzionale, politica, giuridica, burocratica, investigativa che di fatto, come riporta la nostra Costituzione, all’Art. 3 prevede che «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.»

Pochi italiani, d’altra parte, sanno (perché è uno degli argomenti che chissà perché in Italia non si studiano in nessuna scuola pubblica! – e questa domanda dovremmo porcela tutti gli italiani che amano il nostro Paese!) che la nostra Costituzione è stata approvata dall’Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947, poco più di due anni dopo la fine della Grande Guerra. La maggioranza degli italiani non sa di certo che è stata promulgata (che significa: l’atto formale con il quale il Capo dello Stato dichiara valido ed efficace un atto normativo della Repubblica Italiana) dal Capo “provvisorio” dello Stato, Enrico De Nicola, il 27 dicembre successivo, quindi una settimana dopo l’approvazione dell’Assemblea Costituente; ed infine pochissimi sapranno che fu pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, la n. 298, edizione straordinaria, il 27 dicembre 1947, entrando in vigore il 1 gennaio del 1948.

Mi chiederete: «Ma cosa c’entra la Costituzione ed in particolare l’Articolo 3 con il Romanzo di Carofiglio e con le elezioni che si tengono oggi per rinnovare diversi sindaci e consigli comunali di grandi ed importanti città italiane, così come di piccoli e medi comuni?»

A questa domanda io rispondo semplicemente con queste parole: «C’entra! C’entra! Ma dovete leggere il romanzo di Carofiglio per capirlo! E se non lo capirete, vorrà dire che dovrò appiopparvi addosso il famoso detto che ben dice: “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire!”».

Recensione:

Il romanzo si inquadra come una interessante riflessione di Gianrico Carofiglio sulla morale personale, sul ruolo della difesa, dell’accusa e della parte giudicante. Qual è il posto della morale personale quando chi rappresenta la legge commette un reato di corruzione, quale il ruolo delle regole giudiziarie che regolamentano e devono garantire un processo equo e giusto?

Il giudice e l’avvocato non devono far interferire le loro condizioni personali, il loro quadro di riferimento morale con il lavoro giudiziario e le relative scelte. Il solo terreno condiviso e condivisibile è quello delle regole processuali, che i giudici devono far osservare senza preoccuparsi delle conseguenze; di cui gli avvocati devono pretendere il rispetto senza preoccuparsi delle conseguenze. Gli avvocati non vogliono giustizia. Non vogliono cioè che i colpevoli siano condannati e che le vittime siano risarcite. Gli avvocati vogliono vincere i processi. Quando un avvocato dice che vuole sia fatta giustizia, quasi sempre – consciamente o inconsciamente – sta mentendo”. Se a questo si aggiunge che qualche volta – scrive Carofiglio nel suo bel romanzo – il giudice che fa prevalere una morale personale distorta si convince e pensa: “un indagato ingiustamente arrestato che riceve giustizia paga molto l’avvocato che lo difende. Se un parte di quei soldi vanno al vero artefice della sua libertà, non credo ci sia nulla di male.” E’ proprio a questo punto che avviene il salto, il passaggio, il punto di rottura tra giustizia giusta e giustizia ingiusta. Si passa ad un livello diverso, quello della menzogna, della verità alterata e filtrata da una morale personale non condivisibile, della costruzione fantastica e inconsapevole di una nuova verità: “chi mente a se stesso e presta ascolto alle proprie menzogne arriva al punto di non distinguere più la verità, né in se stesso, né intorno a sé” scriveva Dostoevskij ne “I Fratelli Karamazov“. Ed è proprio su questo concetto che ruota l’interessante romanzo di Carofiglio che è da leggere assolutamente, a maggior ragione in questo momento storico per il nostro Paese che forse ha smarrito il senso e l’importanza della morale sociale condivisa e dell’etica che ci hanno trasmesso i nostri padri fondatori della Repubblica Italiana.

N.B. – Questa è la recensione integrale di Andrea Giostra del Romanzo di Gianrico Carofiglio, “La regola dell’equilibrio”, Ed. Einaudi, Torino, 2014, di cui uno stralcio è stato pubblicato da “La Repubblica-Palermo”, alla pag. XV “Spettacoli, Cultura, Sport”, di Domenica 17 maggio 2015.

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