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“HANNAH” di Andrea Pallaoro in concorso a VENEZIA 74: intervista esclusiva al regista

Charlotte Rampling per Hannah di Andrea Pallaoro
Charlotte Rampling per Hannah di Andrea Pallaoro

Depositario di uno stile e una poetica inconfondibili, essenziali e di rara densità, Pallaoro ha trascorso la seconda metà della sua vita negli Stati Uniti, conseguendo il master in regia cinematografica al California Institute of Arts e laureandosi in Cinema all’Hampshire College. Il successo ottenuto nel 2008 dal suo cortometraggio “Wunderkammer” gli ha aperto le porte del lungo: “Medeas” è stato presentato a Venezia nel 2013 nella sezione Orizzonti. L’interesse suscitato ha fatto sì che il film fosse poi selezionato e premiato in numerosi festival internazionali.

“Hannah” rappresenta una nuova sfida e, insieme, un definitivo passo in avanti nel personalissimo percorso estetico e tematico dell’autore. A cominciare dalla protagonista assoluta, tenacemente voluta da Pallaoro fin dalle prime fasi di scrittura (elaborata assieme allo sceneggiatore Orlando Tirado): Charlotte Rampling. La quale si è calata perfettamente nei panni di una donna sola, con il marito in carcere per un ignominioso delitto e una collettività che guarda a lei con ostilità. Prima della visione del film, che sarà presentato al Lido in Sala Grande il prossimo venerdì 8 settembre, desideravo rivolgere un paio di domande a Pallaoro. Che mi ha cortesemente risposto.

DOMANDA – Il Suo film sembra riprendere le tensioni familiari tra un uomo e una donna al centro di “Medeas”: da un lato tornano personaggi ai margini e alla deriva, dall’altro la Sua attenzione si focalizza interamente sulla figura femminile. Da quali spunti ha preso le mosse “Hannah” e com’è stato lavorare con un’icona quale la Rampling?

RISPOSTA – “Hannah” nasce dal mio desiderio di esplorare il mondo interiore di una donna intrappolata dalle sue scelte, paralizzata dalle sue insicurezze e dipendenze, dal suo senso di lealtà e devozione. In Charlotte ho trovato la partner ideale per il perseguimento di questi obiettivi. Charlotte è un’artista che ricerca la sua verità con un’integrità, un coraggio, una generosità sorprendenti che ammiro moltissimo. Fin dall’inizio la sceneggiatura è stata scritta pensando a lei: dare vita con lei al personaggio di Hannah condividendo l’intimità di questo viaggio creativo è stato un grande onore, oltre che un’esperienza estremamente appagante.

D. – Lei quest’anno torna a Venezia e lo fa nel Concorso ufficiale: che cosa prova? Quali sono le Sue aspettative?

R. – Mi sento molto felice ed onorato di partecipare al Concorso ufficiale di Venezia 74. Venezia ha tenuto a battesimo anche il mio primo lungometraggio, motivo per cui provo un legame molto forte con la Mostra e anche con la città stessa, che non manca mai di sorprendermi ed affascinarmi. Preferisco non avere aspettative. Mi assumo la responsabilità di essere in concorso e mi sento pronto a condividere il film con il resto del mondo.

CONCLUSIONE – Sappiamo che è sempre problematico ottenere interviste prima della proiezione di un film, e soprattutto quando quel film si trova nella selezione maggiore di uno dei più importanti festival del mondo: Le rivolgiamo pertanto un ringraziamento speciale per la squisita disponibilità che ci ha dimostrato.

Massimo Nardin è Dottore di ricerca in Scienze della comunicazione e organizzazioni complesse, docente universitario presso l'Università LUMSA di Roma e l'Università degli Studi Roma Tre, diplomato in Fotografia allo IED Istituto Europeo di Design di Roma, giornalista pubblicista, critico cinematografico, sceneggiatore e regista. È redattore capo della sezione Cinema della rivista on-line “Il profumo della dolce vita” e membro del comitato di redazione di “Cabiria. Studi di cinema - Ciemme nuova serie”, quadrimestrale del Cinit Cineforum Italiano edito da Il Geko Edizioni (Avegno, GE). È membro della Giuria di “Sorriso diverso”, premio di critica sociale della Mostra del Cinema di Venezia, e del Festival internazionale del film corto “Tulipani di seta nera”. Oltre a numerosi saggi e articoli sul cinema e le nuove tecnologie, ha pubblicato finora tre libri: “Evocare l'inatteso. Lo sguardo trasfigurante nel cinema di Andrej Tarkovskij” (ANCCI, Roma 2002 - Menzione speciale al “Premio Diego Fabbri 2003”), “Il cinema e le Muse. Dalla scrittura al digitale” (Aracne, Roma 2006) e “Il giuda digitale. Il cinema del futuro dalle ceneri del passato” (Carocci, Roma 2008). Ha scritto e diretto diversi cortometraggi ed è autore di due progetti originali per lungometraggio di finzione: “Transilvaniaburg” e “La bambina di Chernobyl”, quest'ultimo scritto assieme a Luca Caprara. “Transilvaniaburg” ha vinto il “Premio internazionale di sceneggiatura Salvatore Quasimodo” (2007) e nel 2010 è stato ammesso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali al contributo per lo sviluppo di progetti di lungometraggio tratti da sceneggiature originali; nell'autunno 2020, il MiBACT ha ammesso “La bambina di Chernobyl” al contributo per la scrittura di opere cinematografiche di lungometraggio.