Il primo Natale: molta inventiva, molta fantasia, molto fumo, poco arrosto
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Il primo Natale: molta inventiva, molta fantasia, molto fumo, poco arrosto. Al cinema dal 12 dicembre.
Tanto Ficarra che Picone non sono più due novellini e, dicono loro, alla notizia che la Medusa li autorizzava a fare questo film letteralmente impazzirono di gioia. E va bene.
Poi iniziarono a pensare la storia. E va bene.
Infine, iniziarono le riprese dl film. E qui comincia ad andare meno bene perché se è vero che il periodo natalizio è un periodo di favole, di misteri, di storielle che servono anche per passare il tempo è anche vero che il tempo, almeno quel periodo, dovrebbe trascorrere sereno ed anche gioioso, pieno di brio e di allegria, magari insorta dopo aver visto qualche bel film.
Nel caso dei due simpaticissimi attori siciliani, la comicità da loro espressa in questo film che si basa tutto sulla fantasia e non sulla constatazione di realtà come per esempio in “ L’ora legale “, qui sembra fare difetto perché non appare alla loro altezza: la fantasia, in questo caso, non si sintonizza con una comicità reale; quanto espresso in questa pellicola appare forzato, non sembra provenire da uno stimolo tale da poter proprio affermare che questo è un bel film.
Un prete di un qualunque paese siciliano sta organizzando il presepe ed è in cerca di personaggi: molto ben azzeccata la modalità di selezione dei pastori, dei personaggi del presepe con i loro bei costumi e con l’atteggiamento da compassato selezionatore appartenente a ben altre giurie del prete; un ladro incallito di opere d’arte, ateo per giunta, si dà da fare per rubare qualche oggetto sacro utilizzando tecniche da scalatore sfortunato. Fin qui la partenza del film appare simpaticamente accettabile e sembra fare da battistrada a chissà quale altra potente storia; fino a quando inizia a piovere ed il ladro ed il prete che lo rincorre perché aveva rubato nientemeno che il bambinello, si trovano ad attraversare un canneto uscendo dal quale cambia il paesaggio e l’atmosfera temporale.
I due si trovano precipitati nell’anno zero, al tempo in cui nacque Gesù, ne Il Primo Natale: e qui l’atteggiamento complessivo muta da simpatico a schizofrenico perché la storia vorrebbe assumere un carattere psicologico che vorrebbe concludersi con la conoscenza interiore di se stessi: la storia si snoda attraverso l’utilizzo deformato di fatti biblici tra di loro scollegati ( la ricerca del Bambino che deve nascere e l’attraversamento del Mar Rosso, l’arca di Noé fino ad arrivare agli attuali immigranti che vengono salvati da una motovedetta ).
Proprio quest’ultima scena del film ci è poco piaciuta perché non ha saputo mixare il sacro con il profano, anzi lo fatto in forma deludente e per niente simpatica per un film che è costato, sembra, ben undici milioni di euro, anche se i due attori sostengono che la scena è “ un’apertura, un richiamo agli ultimi, a vari tipi di ultimi, dal barbone per le strade di Parigi (?) ai migranti”.
Come pure non ci è piaciuto il riferimento a Roma ladrona perché a nostro avviso questo genere di film dovrebbe essere tenuto esente da ogni forma di riferimento politico o ideologico in quanto rientrante nel genere dei film da definirsi comico e non ideologico, anche perché per la sua realizzazione sono stati utilizzati fondi che fanno riferimento a facilitazioni di carattere pubblico.