“The New Pope” la svolta intimista nel racconto dei due Papi di Paolo Sorrentino
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“The New Pope” la svolta intimista nel racconto dei due Papi di Paolo Sorrentino
Negli episodi mostrati alla stampa (I, II e VII) si conferma tutta quella tecnica eccelsa che è il marchio di fabbrica del premio Oscar Sorrentino, con l’ausilio di una fotografia (di Luca Bigazzi) che si trasfigura in un’estetica sontuosa dove i fotogrammi sembrano quasi una successione di quadri, garantendo lo spettacolo visivo. Ma si confermano pure quei toni un po’ sopra le righe (specie per i credenti inevitabilmente, vedasi alcuni cliché sulle suore e su una tendenza all’opulenza di “certa” Chiesa) che, pur essendo parte del “marchio”, rischiano ormai di divenire scontati, soprattutto in un’opera che sfiora le 8 ore. E’ la solita storia di questa tipologia di registi: chi venera Sorrentino si esalterà, chi non lo ama totalmente troverà nuova linfa per i suoi dubbi. Pur nella parzialità dell’anteprima, tuttavia, qualche novità sembra cogliersi: se nella prima serie l’occhio indugiava molto sulle manovre di potere (altro cavallo di battaglia del regista), quasi una versione ecclesiastica de “Il divo” e di “Loro”, nella nuova sembra farsi strada una visione più intimista. Non per niente Sorrentino dice che scopo di “New Pope” è «esplorare l’ambizione di due grandi Papi: essere dimenticati, lungo una via costellata dagli ostacoli terreni». Riflesso di questa finalità è lo spostamento dell’azione che, dall’interno del piccolo Stato pontificio (con tanto di Cappella Sistina ricostruita a Cinecittà) luogo ideale per disegnare trame, cede il passo a territori più ampi. Come Sorrentino, non credente, si nutre del dubbio e s’interroga sull’esigenza di credere comunque che un Dio esista, come fa dire a un personaggio, i suoi Papi vivono nella sospensione esistenziale fra la grandezza trascendente che li sovrasta, legata al ruolo, e le debolezze e contraddizioni immanenti dell’umano sentire. Fra l’aspirazione alla santità e la ricerca, vagamente narcisistica, del miracolo da compiere. È l’eterna fatica di Sisifo dell’essere umano, trasversale a ogni condizione. Anche sul soglio di Pietro.