A Venezia 80 in Orizzonti Extra l’opera prima di Olmo Schnabel, premio del pubblico “Armani beauty”
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In Sala Giardino, il giovane regista americano è stato insignito stasera del premio del pubblico “Armani beauty” ed ha introdotto il proprio primo lungometraggio.
Messico, anni Ottanta-Novanta. Disteso su un letto e abbracciato a lei, il trentenne Alejandro scambia effusioni e dolci parole con una donna più grande di lui. Quella donna, però, è sua madre. E, sotto, li aspetta il padre di Alejandro – un fumantino e crepuscolare Jordi Mollà – per il pranzo del proprio compleanno. Che darà presto al giovane il palcoscenico per far esplodere la rabbia sin là repressa. Alejandro vuole fuggirsene in macchina, ma accidentalmente investe proprio la madre. Credendo di averla uccisa, prosegue, disperato e impazzito, la propria folle corsa. Che lo porta a New York, dove conosce il giovane Jack, mite e studioso commesso di un negozio per animali. Comincia tra
i due una torbida storia di sesso, droga e furti che sconvolgerà la vita di Jack e dei suoi genitori (i magnifici Emmanuelle Seigner e Willem Dafoe, alla sua terza interpretazione a Venezia 80 dopo “Finalmente l’alba” e “Poor Things!”). Un nuovo, drammatico incidente – stavolta durante una rapina – e il ritorno del padre di Alejandro per il tramite di un investigatore incaricato della ricerca del ragazzo metteranno in crisi il rapporto dei due
giovani e complicheranno la vicenda, tendendo all’estremo il doppio elastico tra quella bizzarra coppia e le rispettive famiglie.
Per il proprio esordio, Olmo Schnabel, autore e produttore under trenta figlio del regista e artista Julian Schnabel, ha scelto la pellicola e una temporalità sospesa, un non-tempo che
avvolge cose e personaggi (Schnabel si rifà agli anni della sua infanzia e lascia indefiniti i riferimenti temporali; l’unica cosa sicura è la totale assenza dei supporti digitali che infestano oggi la nostra quotidianità). Complici il padre e l’amico di famiglia Willem Dafoe, Schnabel ha potuto poi contornarsi di un super cast; e, a riprese finite, vantare persino l’appoggio promozionale di Martin Scorsese, cui il film è molto piaciuto. Probabilmente il grande regista ha ritrovato nella poetica del giovane esordiente molta dell’irrefrenabile e contagiosa energia dei suoi lavori più sorprendenti. In effetti, in “Pet Shop Days” si riversa un fiume di cinefilia che prende le mosse proprio da “Mean Streets” e dalla produzione scorsesiana dedicata alle gang e alle periferie. Un fiume prezioso in fatto di portata e potenza. Che sono tuttavia solo la prima faccia di una medesima medaglia: l’altra, forse
inevitabile, sono la dispersione, la confusione e l’accumulo, un incedere ininterrotto e sincopato che sembra incespicare in più direzioni discordanti.
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