“The Life of Chuck”: quando la fantascienza diventa profonda riflessione sulla nostra vita
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Presentato in anteprima stampa lo scorso 10 settembre nella sala 2 del Cinema The Space di Roma, esce oggi in Italia il film vincitore del People’s Choice Award al Toronto International Film Festival 2024, “The Life of Chuck”, scritto e diretto da Mike Flanagan, prodotto da Darren Aronofsky e tratto dal racconto omonimo di Stephen King.
Chi è Chuck Krantz? È un fantomatico novello padrone del mondo? Un impostore? Un avatar? Oppure un semplice sconosciuto diventato improvvisamente famoso?
Il film, in tre capitoli, si apre con la piccola comunità di una cittadina degli Stati Uniti piombata in una disorientante crisi, al pari della popolazione mondiale come raccontano i canali all news: un internet divenuto inspiegabilmente inservibile ha scatenato disastri climatici, incendi, allagamenti a macchia di leopardo in tutto il globo (coinvolta pure Livorno)… Mentre in quella cittadina la vita prosegue nonostante tutto tra dubbi e vecchie abitudini che esorcizzano un disastro forse ancora lontano, cominciano ad apparire, sempre più insistenti, manifesti tutti uguali che omaggiano un certo “Chuck”, un trentanovenne in giacca e cravatta fotografato sorridente alla scrivania in occasione del suo compleanno. Le apparizioni si fanno così pressanti che anche le finestre delle abitazioni, di notte… finiscono per illuminarsi con la sua effigie misteriosamente sorridente. Spettatori di questa allucinante fine del mondo sono, tra gli altri, un professore e una infermiera, amanti divisi che ora si ritrovano, complice proprio la catastrofe e la presa di coscienza che – come impeccabilmente spiega lui a lei al telefono – l’evoluzione del cosmo dal big bang all’uomo può essere scandita in singoli momenti di un unico calendario, dal 1° gennaio agli ultimi secondi dell’anno, l’infinitesima frazione in cui, appunto, incomincia la storia dell’uomo. La coppia non sa, o non ricorda, chi sia quel Chuck. Un silenzioso ed invadente personaggio il quale, però, in quegli stessi istanti… sta morendo. Non sembra esserci connessione tra il dramma di Chuck e quello che sta vivendo la comunità, eppure, osservate su una isolata panchina dalla coppia attonita, ritrovata e ormai rassegnata, le stelle nel terso firmamento, una dopo l’altra, si spengono… esattamente come la vita di Chuck.
E così lo scopriamo, finalmente, questo Signor Krantz (un bravissimo e commovente Tom Hiddleston), in un viaggio a ritroso e, dunque, in un secondo capitolo. Che ne racconta una strana giornata degli ultimi sei mesi di vita, quando il cancro al cervello inizia a dare i primi sintomi ma la morte non è ancora concepibile. Tanto da permettere al grigio e malinconico contabile Chuck in trasferta lavorativa di esibirsi, improvvisamente e senza un perché, in un trascinante ballo in mezzo alla strada, accompagnato dalla batteria di una giovane suonatrice ambulante, ammirata e conquistata da tanta innocente e spudorata bravura. Scopriamo che Chuck è un perfetto marito, una vita anonima e irreprensibile nella piena normalità impiegatizia statunitense…
Un ulteriore salto all’indietro apre il terzo e ultimo capitolo, quello del Chuck ragazzino, orfano ospitato dagli amabili nonni in una villa vittoriana che nasconde un attico segreto sotto la cupola. Conquistato dalle vhs di Gene Kelly, il timido e occhialuto Chuck diventa il leader del gruppo di ballo della scuola esibendo il suo pezzo forte, il “moonwalk” di jacksoniana memoria e conquistando il cuore di una ragazzina un po’ più grande di lui. Colei che, anni dopo, lo avrebbe assistito sul letto di morte…
“Io sono immenso. Io contengo moltitudini”: uno dei versi più celebri di Walt Whitman racchiude il senso del film e ne fonda la sua struttura. Flanagan lascia da parte horror e colpi di scena prediligendo un approccio realistico con echi fantascientifici che si concentra sulla “normalità”, su ciò che passa spesso come banalità e dunque non viene considerato (nei nostri racconti così come nelle sceneggiature): i piccoli eventi quotidiani e gli affetti profondi che, in realtà, edificano la nostra personalità e un’intera comunità. E così, in “The Life of Chuck”, il cammino a ritroso e il non-(ancora)detto aprono le porte al colpo di scena finale. Che, discretamente, si intuisce strada facendo e che getta una nuova, potente luce sul racconto e sulle nostre stesse vite. Vite che sono – come spiega la docente al giovane Chuck – granelli che possono contenere, al pari di un calendario, l’intero universo.


