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Da “Attesa e cambiamenti” ad “Astrosamantha”: per arrivare alle stelle occorrono solide basi. Intervista esclusiva al produttore e sceneggiatore Gianluca Cerasola

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Da “Attesa e cambiamenti” ad “Astrosamantha”: per arrivare alle stelle occorrono solide basi. Intervista esclusiva al produttore e sceneggiatore Gianluca Cerasola. Di Massimo Nardin

Nella foto gallery immagini esclusive dai set di “Attesa e cambiamenti e “Astrosanatha”

D –Caro Gianluca, in che cosa sei impegnato in queste settimane?
R – In Puglia sto producendo “Attesa e cambiamenti”, una commedia che tratta un argomento nuovo in Italia, sino ad oggi mai affrontato, ossia il ventaglio di cambiamenti che si verificano all’interno della coppia quando sta per arrivare un figlio. Cambiamenti ormonali, psicologici, economici, nel rapporto con i familiari e con il mondo amicale. Il film affronta, tra l’altro, la gravidanza in donne europee ormai mature, ciò che d’altronde è la tendenza di questi ultimi decenni, fare il primo – e quasi sempre unico – figlio dopo i quarant’anni. Tutto è nato dal soggetto che ho scritto e ho presentato a Rai Cinema qualche tempo fa. L’idea è piaciuta e sono dunque andato avanti con la stesura della sceneggiatura. E, adesso, con le riprese: due settimane a Roma e due in Puglia, a Foggia. Considerando le discussioni sviluppatesi nell’ultimo periodo non solo in Italia, il film si rivela estremamente attuale: parla di gravidanze, cambiamenti, infertilità, dimensione omosessuale, rapporti con la famiglia d’origine, e si concentra su due coppie, una etero e l’altra omosessuale. Martina Stella e Corrado Fortuna interpretano, rispettivamente, un marito e una moglie; Samuela Sardo e Roberta Giarrusso sono invece due donne che si amano e vogliono avere un figlio. Il ginecologo delle due coppie è interpretato da Paolo Conticini (impegnato, tra l’altro, con Endemol nella serie “Provaci ancora Prof”, con Irene Pivetti). Nel cast figura altresì Elisabetta Pellini, che impersona la proprietaria di un locale, oltre ad Antonio Catania, Eleonora Giorgi e Corinne Clery nella parte dei suoceri. Insomma, un cast d’eccezione e di grande esperienza. La regia è affidata a Sergio Colabona, a mio avviso uno tra i più bravi professionisti in ambito televisivo, in Italia e all’estero. Dopo “Passannante”, questa è la sua seconda opera cinematografica. Le storie si intrecceranno partendo da Roma e arrivando fino in Puglia, ovvero nella terra d’origine dei suoceri.

D – Come è nato il progetto?
R – Il film nella mia testa è nato sulla base di ricerche personali che conducevano ad una indagine inedita, in Italia, sulla famiglia e la gravidanza. Tre anni di raccolta di dati, confluiti poi in una storia scritta assieme ad altri due sceneggiatori: Barbara Gravelli è una sceneggiatrice omosessuale che mi ha aperto una sfera che conoscevo solo marginalmente; Daniele Titta, invece, è uno sceneggiatore più tecnico che ci ha dato una mano a comporre il puzzle della versione definitiva. Siamo arrivati così ad una commedia molto divertente che vanta il raro pregio di esser fondata su avvenimenti reali. La sceneggiatura, infatti, è stata letta, apprezzata ed approvata da medici, psicologi e ginecologi. Sono convinto che molte famiglie si ritroveranno. Il target di riferimento è quindi assai vasto, parte dai teenager e abbraccia le varie fasce sociali e i diversi orientamenti sessuali.

D – Ci parli della Morol, la società da te fondata?
R – Io provengo dal mondo dell’intrattenimento televisivo, nel quale sono cresciuto. Parallelamente, però ho sempre nutrito una grande passione per la documentaristica, soprattutto d’ambito internazionale. In qualità di giornalista professionista (sono direttore di una testata giornalistica che si occupa di viaggi e spettacolo), ho realizzato un’inchiesta sulla tragedia di Ustica e sono stato uno dei pochi ad intervistare, tra gli altri, Giulio Andreotti e Francesco Cossiga. La mia parte più estroversa ed artistica mi ha portato poi verso il documentario e il cinema. Purtroppo, il documentario in Italia rende economicamente molto poco, di qui la necessità di occuparci anche dell’intrattenimento televisivo. Resta il fatto che fondai la Morol nel 2006 dandole una vocazione documentaristica; in seguito, nel 2012, l’ho aperta all’ambito dell’intrattenimento televisivo, realizzando diversi programmi e istituendo un “format department” per la cura e lo sviluppo di programmi d’intrattenimento. Infine, sono arrivato al cinema. Questo è il nostro primo film per il cinema. In passato, abbiamo lavorato con Rai Cinema realizzando documentari, proiettati nei maggiori festival.

D – Ci puoi rivelare qualcosa del tuo prossimo lavoro?
R – “Astrosamantha” è un progetto cui sono molto legato ed è il secondo che mi vede occupato in questo periodo. È un film-documentario al quale lavoro da più di tre anni, seguendo per la prima volta in assoluto un astronauta, anzi “l’astronauta”, durante tutta la sua preparazione fino alla partenza e alla permanenza nello spazio. Ho stretto un accordo con l’ Agenzia Spaziale Italiana, l’Ente Spaziale Europeo, la Nasa, il centro russo Roscosmos e l’Aeronautica Militare Italiana. Nemmeno in America è mai stato realizzato un film che racconta a trecentosessanta gradi quel che ruota attorno ad un astronauta. Siamo riusciti a farci mandare immagini esclusive dallo spazio da Samantha Cristoforetti, unica donna ad essere rimasta in orbita per così tanto tempo e ad aver superato molti altri record. E, come voce narrante, abbiamo avuto la fortuna di avere la più bella del nostro cinema, quella di Giancarlo Giannini. “Astrosamantha” è stato presentato per il prossimo Festival di Venezia di settembre. È un progetto che mi ha impegnato tantissimo: basti pensare ai viaggi effettuati da Samantha, che continuava a spostarsi attraverso tre continenti (siamo stati anche nel suo paese natale, Malè in Val di Sole); o alla nostra permanenza – per realizzare un film-documentario a tratti in esclusiva mondiale – nell’ambito militare ed aerospaziale, ovvero in luoghi assai delicati e coperti da riservatezza. Pertanto, la nostra troupe è dovuta essere necessariamente ridotta: tre elementi, cioè due operatori ed io. Forse proprio per questo è stata un’avventura bellissima.

Caro Gianluca, ti ringrazio, sei stato davvero cortese.
– Grazie a te, Massimo. Spero di ricevere risposte positive dal Festival quanto prima, per invitarti a Venezia assieme a Samantha Cristoforetti e Giancarlo Giannini.

Massimo Nardin è Dottore di ricerca in Scienze della comunicazione e organizzazioni complesse, docente universitario presso l'Università LUMSA di Roma e l'Università degli Studi Roma Tre, diplomato in Fotografia allo IED Istituto Europeo di Design di Roma, giornalista pubblicista, critico cinematografico, sceneggiatore e regista. È redattore capo della sezione Cinema della rivista on-line “Il profumo della dolce vita” e membro del comitato di redazione di “Cabiria. Studi di cinema - Ciemme nuova serie”, quadrimestrale del Cinit Cineforum Italiano edito da Il Geko Edizioni (Avegno, GE). È membro della Giuria di “Sorriso diverso”, premio di critica sociale della Mostra del Cinema di Venezia, e del Festival internazionale del film corto “Tulipani di seta nera”. Oltre a numerosi saggi e articoli sul cinema e le nuove tecnologie, ha pubblicato finora tre libri: “Evocare l'inatteso. Lo sguardo trasfigurante nel cinema di Andrej Tarkovskij” (ANCCI, Roma 2002 - Menzione speciale al “Premio Diego Fabbri 2003”), “Il cinema e le Muse. Dalla scrittura al digitale” (Aracne, Roma 2006) e “Il giuda digitale. Il cinema del futuro dalle ceneri del passato” (Carocci, Roma 2008). Ha scritto e diretto diversi cortometraggi ed è autore di due progetti originali per lungometraggio di finzione: “Transilvaniaburg” e “La bambina di Chernobyl”, quest'ultimo scritto assieme a Luca Caprara. “Transilvaniaburg” ha vinto il “Premio internazionale di sceneggiatura Salvatore Quasimodo” (2007) e nel 2010 è stato ammesso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali al contributo per lo sviluppo di progetti di lungometraggio tratti da sceneggiature originali; nell'autunno 2020, il MiBACT ha ammesso “La bambina di Chernobyl” al contributo per la scrittura di opere cinematografiche di lungometraggio.