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Esce oggi “La paranza dei bambini“, dal libro di Roberto Saviano

Esce oggi “La paranza dei bambini”, quarto lungometraggio di finzione di Claudio Giovannesi, tratto dall‘omonimo libro di Roberto Saviano e presentato ieri mattina in anteprima stampa alla 69. Berlinale. Il film, unico italiano in concorso nella selezione ufficiale del Festival, ci riporta nei quartieri napoletani dove spadroneggia la malavita. Lo scenario, le logiche criminali e le lotte tra bande sono gli stessi visti in tante altre opere nostrane, ma qui la differenza sostanziale è rappresentata dai protagonisti: tutti minorenni, accomunati dall’unico, semplice e terribile desiderio di arricchirsi in tempi brevissimi e in misure impossibili per qualunque loro coetaneo (Saviano ha colto l’occasione per ricordare i dati agghiaccianti sull’incidenza della criminalità nella popolazione giovanile non solo napoletana).
Una storia di ragazzi dai volti puliti, con delle famiglie oneste alle spalle e le ingenuità tipiche della loro età. Ragazzi cui basta il primo passo, ossia cedere alla prima tentazione, per essere risucchiati dentro una spirale senza scampo, al cui fondo ci sarà ad aspettarli, prima o poi, il buco nero di una morte violenta. Perfetta la definizione che di loro ha dato il produttore Carlo Degli Esposti: degli inconsapevoli condannati a morte. Nel seguire l’odissea dei quali Giovannesi si ferma un attimo prima dell’ineluttabile.
Il regista di “Alì ha gli occhi azzurri” e “Fiore” dimostra ancora una volta di saper interagire a meraviglia con i giovani interpreti dei propri film, mettendoli a loro agio affinché possano calarsi al meglio in panni da cui loro – nella vita di tutti i giorni – hanno scientemente preso le distanze. Distanze che prende Giovannesi stesso nel dipingere l’inferno di quelle vie, evitando di eccedere nelle rappresentazioni della violenza e riuscendo a creare nicchie di sospensione che aprono alla speranza. Come nel corteggiamento con i palloncini rossi che il protagonista Nicola (un intenso Francesco Di Napoli) s’inventa per conquistare Letizia (una Viviana Aprea dallo sguardo pulito e gli occhi magnetici) con la complicità dei compagni, una scena che impreziosisce l’intero film. Il quale ha una introduzione asciutta, un “prima di iniziare a delinquere” forse un po’ troppo stringato ma che dimostra al contempo come, per firmare il patto col demonio e scivolare nel burrone, basta un passo minimo, non servono motivazioni profonde o ancestrali, è sufficiente riporre i propri legittimi ed elementari desideri nelle mani sbagliate, per ritrovarsi in una rete invisibile, una “paranza” che si stringe sempre più inestricabilmente.
I giovani interpreti presenti in conferenza stampa hanno non a caso sottolineato che la vera scommessa, per ognuno di loro, risiede proprio nei desideri, nella destinazione e nella costruzione impresse alle proprie motivazioni, un motore che può portare alla vita oppure al suo contrario.
Quello di Giovannesi è un “gioco di sottrazione”, come ha giustamente sottolineato l’amministratore delegato di Vision Nicola Maccanico. Un gioco che tuttavia poteva essere asciugato ulteriormente in termini di eventi narrati e modulato con maggiore efficacia drammaturgica. Forse perché – programmaticamente – gli sceneggiatori (Giovannesi, Saviano e Maurizio Braucci) hanno evitato di spingersi fino all’ultimo gradino, ciò che avrebbe però garantito il completamento e il pieno potenziamento dell’arco narrativo.

Massimo Nardin è Dottore di ricerca in Scienze della comunicazione e organizzazioni complesse, docente universitario presso l'Università LUMSA di Roma e l'Università degli Studi Roma Tre, diplomato in Fotografia allo IED Istituto Europeo di Design di Roma, giornalista pubblicista, critico cinematografico, sceneggiatore e regista. È redattore capo della sezione Cinema della rivista on-line “Il profumo della dolce vita” e membro del comitato di redazione di “Cabiria. Studi di cinema - Ciemme nuova serie”, quadrimestrale del Cinit Cineforum Italiano edito da Il Geko Edizioni (Avegno, GE). È membro della Giuria di “Sorriso diverso”, premio di critica sociale della Mostra del Cinema di Venezia, e del Festival internazionale del film corto “Tulipani di seta nera”. Oltre a numerosi saggi e articoli sul cinema e le nuove tecnologie, ha pubblicato finora tre libri: “Evocare l'inatteso. Lo sguardo trasfigurante nel cinema di Andrej Tarkovskij” (ANCCI, Roma 2002 - Menzione speciale al “Premio Diego Fabbri 2003”), “Il cinema e le Muse. Dalla scrittura al digitale” (Aracne, Roma 2006) e “Il giuda digitale. Il cinema del futuro dalle ceneri del passato” (Carocci, Roma 2008). Ha scritto e diretto diversi cortometraggi ed è autore di due progetti originali per lungometraggio di finzione: “Transilvaniaburg” e “La bambina di Chernobyl”, quest'ultimo scritto assieme a Luca Caprara. “Transilvaniaburg” ha vinto il “Premio internazionale di sceneggiatura Salvatore Quasimodo” (2007) e nel 2010 è stato ammesso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali al contributo per lo sviluppo di progetti di lungometraggio tratti da sceneggiature originali; nell'autunno 2020, il MiBACT ha ammesso “La bambina di Chernobyl” al contributo per la scrittura di opere cinematografiche di lungometraggio.