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Finalmente nelle nostre sale il film su Stanlio e Ollio


Esce il primo maggio nelle sale italiane il tanto atteso “Stanlio & Ollio” di Jon S. Baird.

La forza del film, presentato in anteprima nazionale all’ultima Festa del Cinema di Roma, risiede naturalmente nei due protagonisti, interpretati dai camaleontici e bravissimi Steve Coogan e John C. Reilly, rispettivamente Stan Laurel e Oliver Hardy alle prese con il tramonto delle proprie vite e carriere.

Quel che sembra il loro inevitabile oblio è ribaltato però su molteplici piani dal loro tour teatrale del 1953. Da un lato, infatti, la loro amicizia, incrinatasi alla fine degli anni Trenta per vicissitudini contrattuali che avevano evidenziato una scarsa stima reciproca, viene recuperata, messa alla prova e infine rinsaldata proprio da quel tour.
Il quale, nato in sordina e a rischio di immediata sospensione per penuria di spettatori, grazie a una promozione condotta in prima persona tra la gente da parte dei due mattatori, si riscatta e riempie i teatri inglesi.

Un destino sovvertito anche sul versante della salute fisica: Stan e Oliver, sebbene sempre più acciaccati, non si arrendono, continuando a riproporre i propri numeri comici e anzi riscoprendo – forse proprio grazie a quella dimensione raccolta, inusuale, a contatto diretto col pubblico che li ama da sempre – un’amicizia profonda e leale.

Il film evita sia l’agiografia delle due star sia le tentazioni scandalistiche, risultando, nel contempo, rispettoso e rivelatore. Lo sguardo di Baird è schietto e acuto, ironico e profondo, e alterna malinconia e apertura alla speranza dividendosi equamente tra Stan e Oliver.
Dalla ricognizione delle cui vite emerge il vivido ritratto di un organismo unico e pulsante.

Massimo Nardin è Dottore di ricerca in Scienze della comunicazione e organizzazioni complesse, docente universitario presso l'Università LUMSA di Roma e l'Università degli Studi Roma Tre, diplomato in Fotografia allo IED Istituto Europeo di Design di Roma, giornalista pubblicista, critico cinematografico, sceneggiatore e regista. È redattore capo della sezione Cinema della rivista on-line “Il profumo della dolce vita” e membro del comitato di redazione di “Cabiria. Studi di cinema - Ciemme nuova serie”, quadrimestrale del Cinit Cineforum Italiano edito da Il Geko Edizioni (Avegno, GE). È membro della Giuria di “Sorriso diverso”, premio di critica sociale della Mostra del Cinema di Venezia, e del Festival internazionale del film corto “Tulipani di seta nera”. Oltre a numerosi saggi e articoli sul cinema e le nuove tecnologie, ha pubblicato finora tre libri: “Evocare l'inatteso. Lo sguardo trasfigurante nel cinema di Andrej Tarkovskij” (ANCCI, Roma 2002 - Menzione speciale al “Premio Diego Fabbri 2003”), “Il cinema e le Muse. Dalla scrittura al digitale” (Aracne, Roma 2006) e “Il giuda digitale. Il cinema del futuro dalle ceneri del passato” (Carocci, Roma 2008). Ha scritto e diretto diversi cortometraggi ed è autore di due progetti originali per lungometraggio di finzione: “Transilvaniaburg” e “La bambina di Chernobyl”, quest'ultimo scritto assieme a Luca Caprara. “Transilvaniaburg” ha vinto il “Premio internazionale di sceneggiatura Salvatore Quasimodo” (2007) e nel 2010 è stato ammesso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali al contributo per lo sviluppo di progetti di lungometraggio tratti da sceneggiature originali; nell'autunno 2020, il MiBACT ha ammesso “La bambina di Chernobyl” al contributo per la scrittura di opere cinematografiche di lungometraggio.