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“I figli del fiume giallo”, una storia d’amore dolorosa

I Figli Del Fiume Giallo

I figli del fiume giallo, del regista cinese Jia Zhangke è stato in concorso all’ultima edizione del Festival di Cannes ed ha ottenuto una buona accoglienza a Torino. Ora è il caso di vedere se questo film, sarà gradito al grande pubblico italiano, che potrà vederlo in sala, a partire dal prossimo 9 maggio.
Dall’alba del ventunesimo secolo (l’inizio del 2001) fino alla mattina di capodanno 2018, le vicende raccontano ben 17 anni di vita e di storia. Protagonisti sono la giovane danzatrice, Qiao (Interpretata da Zhao Tao) e Bin (Liao Fan), un gangster della malavita locale. Lei, figlia di un povero operaio comunista che spinge i “compagni” a scioperare contro i padroni; lui, il classico personaggio maldestro e arrogante che si arricchisce alle spalle del paese, grazie ad affari sporchi.
Un giorno, durante una guerra tra bande, il clan rivale sembra avere tutto sotto controllo, quando un colpo di pistola sparato da Quiao, cambia la situazione. I due escono illesi dal conflitto, ma costretti alla prigione per possesso illegale di armi e falsa testimonianza. Trasferita in un posto lontano dopo cinque lunghi anni di reclusione, la ballerina si mette in viaggio alla ricerca del suo uomo, tuttavia incontrerà diversi ostacoli. Bin non è più la stessa persona, si è innamorato di un’altra ragazza e non sembra disposto a ritornare da lei. E il racconto continua la sua evoluzione fino all’epilogo.
Una storia d’amore dolorosa, espressione di una cultura che sembra più vicina alle tradizioni consumistiche e mondane di paesi come gli Stati Uniti e l’Europa. Le caratteristiche psicologiche della protagonista, non sono certamente quelle che il pubblico si aspetta: Qiao non è una persona molto coraggiosa, non ha carisma né rigore; nella seconda parte del film, la sua determinazione andrà spegnendosi scena dopo scena. Non è nemmeno una ballerina prodigiosa; nella colonna sonora non sono presenti brani classici di Stravinskij, Tchaikovsky o Strauss, piuttosto canzoni moderne come W.M.C.A. dei Village People o Cha Cha Cha di Finzy Contini. Ai passi di danza, alle loro molteplici sfumature e alla raffinatezza dei teatri, si sostituiscono i riflettori che illuminano le piste, l’atmosfera festosa delle discoteche e la libertà di ballare a proprio modo.
Una musica così leggera e coinvolgente che risuona spesso nelle sequenze iniziali, per poi scomparire durante il lungo viaggio, dove oltre all’itinerario, c’è anche un percorso interiore con svariate possibilità: il ritorno alle origini, un nuovo lavoro, un cambiamento psicologico, una vita con o senza Bin. Tra i luoghi attraversati da Qiao, sottolinea il regista Jia Zhangke, ce ne è uno, lo Xinjang, che non riuscirà mai a raggiungere. Il che simboleggia l’impossibilità di potersi separare dalle passioni, dai ricordi e dalle abitudini. In una scena, la protagonista si abbandona all’osservazione delle stelle, forse immaginando di decollare nello spazio o più semplicemente nel cielo, ma non è la forza di gravità a mantenerla bloccata, bensì i limiti imposti dalle scelte che la vita ci impone. Forse per ognuno di noi c’è un luogo irraggiungibile.
Nel complesso, I figli del fiume giallo è sicuramente un bel film. Oltre alla buona prova di regista e attori, in particolar modo è necessario lodare il lavoro di Zhao Tao nel ruolo della protagonista. C’è un po’ di storia contemporanea, una buona fotografia, un modo originale per raccontare un amore dai punti di vista diversi dei due protagonisti.

Eugenio Bonardi