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Cannes 2018 – IN MY ROOM: fantascienza tedesco-altoatesina sulla Croisette

In My Room

Cannes 2018 – IN MY ROOM: fantascienza tedesco-altoatesina sulla Croisette.
“In My Room”, il quarto lungometraggio di Ulrich Köhler, è stato presentato a Cannes nella sezione “Un certain regard”. Oltre ai produttori, presente in sala l’intero cast. Nel quale spiccano i due protagonisti, un profondo Hans Löwe e un’intesa ed enigmatica Elena Radonicich.
Köhler si conferma un talento allo stesso tempo visionario e attento ai dettagli della vita quotidiana. Il suo film parte infatti come un’urbana ricognizione su un uomo di mezza età, Armin, bloccato in una vita cui non riesce ad imprimere una svolta: una ex fidanzata alla quale – nonostante il tentativo di lei – egli non vuole legarsi di nuovo, un padre convivente con una donna che lui non gradisce, una madre chiusa in se stessa e nei canti religiosi che organizza a casa sua. A completare il cerchio, la nonna, ormai agli ultimi istanti di vita, vegliata dal padre di Armin.
Il quale, dopo un nuovo fallimento lavorativo (è un reporter giornalistico) e l’ennesima, inutile notte passata tra discoteca e appartamento, si reca al capezzale dell’anziana e attende la sua morte assieme al genitore. Dopodiché Armin si allontana, assiste dalla propria macchina ad una festa di giovani sul fiume, e infine si addormenta.
Quando si risveglia, sembra tutto come prima, tranne che per l’assenza… dell’intero genere umano. Sono rimasti soltanto gli animali, mentre le persone sono svanite nel nulla: strade deserte, case e negozi disabitati, automobili rovesciate o schiantate contro l’ostacolo sulla loro via, oppure ancora agganciate alla pompa di benzina con il motore acceso. Armin è disorientato, ma a poco a poco approfitta di quella situazione apocalittica per dare un taglio al proprio passato e cominciare una nuova vita: dà fuoco alla nonna (lei, defunta, è rimasta sulla terra con il proprio corpo), sperimenta l’ebbrezza di una folle e rischiosa corsa a bordo di una Lamborghini della polizia, libera e cavalca il cavallo che era rinchiuso in un rimorchio. Infine, si trasferisce nei boschi. Inizia per lui una nuova e selvaggia esistenza. Un inaspettato incontro, tuttavia, ne cambierà il corso…
A Köhler (e agli illuminati produttori, la germanica Pandora Film Produktion e l’altoatesina Echo Film) vanno ascritti diversi meriti. Innanzitutto, quello di aver creato un film bifronte, composto da due parti in apparenza nettamente distinte (il primo terzo realistico e con l’umanità’, il resto senza e dalla caratura fantascientifica), ma, a ben guardare, sottilmente correlate; per il passaggio dall’una all’altra, poi, non viene offerta spiegazione alcuna: è cosi, punto. Viene in mente una delle tante indagini condotte da Alberto Angela e trasmesse in Rai alcuni anni fa, nella quale ci si domandava che cosa sarebbe accaduto se, all’istante, l’intero genere umano fosse sparito. Anche là ci si concentrava non sulle cause, ma sulle conseguenze, mettendo in immagini una escalation affascinante e inquietante: dagli effetti immediati e banali fino alla sorprendente gestione da parte della natura degli inevitabili disastri (quali quelli derivati dal cessato controllo di fabbriche e centrali nucleari rimaste ovviamente in funzione). Sebbene in dimensione ridotta, anche “In My Room” esibisce il lento e inesorabile mutare del paesaggio umano che torna a essere patrimonio esclusivo della natura. Meglio, “quasi” esclusivo, se e vero che Armin si impegna a scavarsi la propria nicchia dentro un ritrovato paradiso terrestre. Finché…
Lo spettatore, se riuscirà a superare un immediato bisogno risposte e verosimiglianza, apprezzerà la preziosa provocazione di “In My Room”, partecipando alla paradossale e radicale rinascita di un uomo che sembrava perduto.

Massimo Nardin è Dottore di ricerca in Scienze della comunicazione e organizzazioni complesse, docente universitario presso l'Università LUMSA di Roma e l'Università degli Studi Roma Tre, diplomato in Fotografia allo IED Istituto Europeo di Design di Roma, giornalista pubblicista, critico cinematografico, sceneggiatore e regista. È redattore capo della sezione Cinema della rivista on-line “Il profumo della dolce vita” e membro del comitato di redazione di “Cabiria. Studi di cinema - Ciemme nuova serie”, quadrimestrale del Cinit Cineforum Italiano edito da Il Geko Edizioni (Avegno, GE). È membro della Giuria di “Sorriso diverso”, premio di critica sociale della Mostra del Cinema di Venezia, e del Festival internazionale del film corto “Tulipani di seta nera”. Oltre a numerosi saggi e articoli sul cinema e le nuove tecnologie, ha pubblicato finora tre libri: “Evocare l'inatteso. Lo sguardo trasfigurante nel cinema di Andrej Tarkovskij” (ANCCI, Roma 2002 - Menzione speciale al “Premio Diego Fabbri 2003”), “Il cinema e le Muse. Dalla scrittura al digitale” (Aracne, Roma 2006) e “Il giuda digitale. Il cinema del futuro dalle ceneri del passato” (Carocci, Roma 2008). Ha scritto e diretto diversi cortometraggi ed è autore di due progetti originali per lungometraggio di finzione: “Transilvaniaburg” e “La bambina di Chernobyl”, quest'ultimo scritto assieme a Luca Caprara. “Transilvaniaburg” ha vinto il “Premio internazionale di sceneggiatura Salvatore Quasimodo” (2007) e nel 2010 è stato ammesso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali al contributo per lo sviluppo di progetti di lungometraggio tratti da sceneggiature originali; nell'autunno 2020, il MiBACT ha ammesso “La bambina di Chernobyl” al contributo per la scrittura di opere cinematografiche di lungometraggio.