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La Boheme di Giacomo Puccini al Circo Massimo

Nell’ambito delle rappresentazioni che il Teatro dell’Opera di Roma ha organizzato nella storica ed affascinante cornice del Circo Massimo è andata in scena l’ultima serata delle rappresentazioni dell’opera che il Cigno di Busseto rappresentò per la prima volta a Roma il 17 novembre 1896, “ La Boheme “.

Dirette dal genio di Jordi Bernacer, l’orchestra ed il coro del Teatro dell’Opera della Capitale, con la partecipazione degli Allievi della Scuola di Canto Corale e delle Allieve della Scuola di Danza del medesimo teatro, hanno accompagnato magistralmente la patetica, dolce storia di Mimì e Rodolfo che vivendo una vita da artisti, squattrinati si ma allegri ed apparentemente sereni, mostrano quanto valido resti ancora il ricordo che il valore profondo dell’opera lirica alberga nei nostri cuori.

Si è trattato di una messa in scena fastosa, opera di quel Davide Livermore, adattata  alla contemporaneità, assolutamente idonea a trasmettere la memoria di un’opera colma di bellezza e di amore nel senso puro della parola che il Direttore del Teatro Nazionale di Genova ha saputo raccontare con la corale partecipazione di un insieme molto ben assortito di personaggi, attori, danzatori che hanno entusiasmato il numeroso pubblico affluito anche nell’ultima delle quattro serate di rappresentazione all’interno dell’area archeologica tradizionalmente ricordata come sede di giochi sin dagli inizi della storia della città, all’interno di quella valle situata  tra Aventino e Palatino all’interno della quale sarebbe avvenuto il mitico episodio del ratto delle Sabine.

Assolutamente fantastica l’esibizione di Vittoria Yeo, soprano di origine coreana ma italiana di adozione e di cultura musicale, sostenuta dall’orchestra di circa cento elementi  tra violini, viole, flauti, trombe, percussioni diretta da Jordi Bernàcer.

Nella parte di Rodolfo notevole l’esibizione del tenore Piero Pretti ed assolutamente adeguata quella di Luca Micheletti ( Marcello ), di Schaunard ( Simone Del Savio ), di Colline ( Gabriele Sagona ) e particolarmente adeguata al ruolo quella di Sara Blanch nei panni della bizzosa Musetta.

Un vero e proprio apprezzamento di merito alla scenografia, tanto per la parte relativa alle strutture fisse rappresentanti quadri di pittori impressionisti adattate all’ampia superficie del palcoscenico, quanto per la bellezza dei costumi degli oltre cinquanta tra soprani primi e secondi, mezzosoprani, contralti, tenori, baritoni e bassi che hanno affollato la scena nei momenti più evidenti dell’opera, vuoi nelle scene di divertimento al cafè Momus che in quelle, in generale, all’interno di un Quartiere latino descritto con abbondanza di colori, di giocolieri, di figuranti tutti all’altezza del ruolo loro assegnato.

La tristezza della conclusione del tormentato rapporto tra Marcello e Musetta e di quello tra Rodolfo e Mimì, è stata certamente attenuata dal valore delle singole interpretazioni che hanno saputo rendere perfettamente l’idea dei significati di povertà della vita d’artista e di spensieratezza degli artisti che formano il quadro complessivo dell’opera scritta da Giacomo Puccini su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa.