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“ La primavera della mia vita “: il debutto cinematografico di Colapesce e Dimartino non convince

Zavvo Nicolosi è il regista del primo lungometraggio che i due pur bravi cantautori rock portano sul grande schermo per tuffarsi nel grande mare dei film che vorrebbero tendere al titolo di opera d’arte; ma nel caso di specie non è proprio così perché Lorenzo Urciullo e Antonio Di Martino non sembrano ancora in grado di fare il grande salto.

Sebbene al film debbano essere riconosciuti indubbi meriti quali la sfolgorante ed originalissima fotografia o le particolari locations scelte per la scenografia, tuttavia gli manca il verve, lo spunto, il pathos per renderla accattivante e seguibile; anzi in alcuni momenti i troppi particolari che la caratterizzano sembrano addirittura appesantire la narrazione: evidentemente i due risentono ancora troppo dell’imprinting dei videoclip con i quali abbiamo imparato a conoscerli; insomma un film che si segue con una certa difficoltà e fin troppo “ complicato “ nella narrazione.

Lorenzo e Antonio, i protagonisti della vicenda, dopo aver raggiunto il successo con la musica, si dividono sebbene siano amici da innumerevoli anni e, quando si ritrovano attratti da un per loro favoloso compenso in cambio della scrittura di un libro che li porterà in giro per la Sicilia ( della quale vengono proiettate immagini meravigliose di panorami e monumenti ai più sconosciuti ) sono costretti ad iniziare il misterioso tour che li porterà ad incontrare personaggi stranissimi che vanno dal coro degli “ albini “ ad un Re Artù alquanto sui generis per non parlare di garibaldini nostalgici e, soprattutto, per la setta dei Semeniti che li dovrebbero guidare verso il contatto con un “ Albero Cosmico “.

Del film abbiamo apprezzato i graffianti dialoghi e le trovate assai originali dei personaggi oltre che la musica e pensiamo che tanto Colapesce che Dimartino abbiano comunque le carte in regola per progredire in  un ambiente che, per il momento, non è ancora a loro consono.