A giudicare dalla trama, ci si aspettava un racconto tragi-comico, così come produttori e cast ci avevano promesso. Ma più che una storia di famiglia, il regista sembra preferire allargare i suoi orizzonti a un paese sull’orlo del baratro. In Macedonia i cittadini più poveri sono costretti ad arrangiarsi per andare avanti. Persino negli ospedali pubblici, i farmaci sono insufficienti e tutto questo va a vantaggio delle cliniche, che silenziosamente contribuiscono, giorno per giorno, a rendere possibile il sorpasso del privato sul pubblico nel settore sanitario.
E a proposito di ingredienti, i principali che compongono il lavoro diretto da Gjorge Stravreski, sono sicuramente la critica sociale, il dolore, l’affetto e una riflessione (né la prima né l’ultima) sulla legalizzazione della droga leggera. Si prova compassione e si conosce una crisi che coinvolge, oltre al territorio di un piccolo paese, anche gran parte della regione balcanica. Si prova tristezza per la malattia di una persona e per i disagi economici di suo figlio.
Il regista fa un paragone, secondo lui nella vita, umorismo e dolore si sfidano a duello: l’umorismo è come un sottomarino che riemerge ferocemente dalle acque, affrontando ingiustizia sociale e dolore. Peccato che però non si rida mai. C’è solo il tempo di strappare un sorriso amaro per qualche battuta scherzosa, per chi grida al miracolo, per la folla che assedia il protagonista per avere un rimedio a un malessere fisico. Per il resto, la storia scorre in modo lento e silenzioso (la colonna sonora è quasi assente, fatta eccezione per qualche assolo di mandolino ed un breve brano musicale in sottofondo). Questo non incita la curiosità dello spettatore per l’esito del racconto. Ciononostante, possiamo dire che alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa, Straverski, non abbia del tutto giocato male le sue carte.
L’ingrediente segreto sarà in sala a partire da domani, giovedì 21 febbraio.
Eugenio Bonardi