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“Normal” conquista la Berlinale con a-normalità “alla Sorrentino” conosciute con Bla Bla Car

“Normal” di Adele Tulli, figlia di Serena Dandini, è stato presentato in anteprima mondiale assoluta a Berlino nella sezione “Panorama documentari”.

Tulli, qui alla sua terza opera, nel 2011 ha vinto il 26. Festival LGBT di Torino con “365 without 377”, prodotto da Ivan Cotroneo e frutto della sua lunga esperienza nei movimenti per i diritti degli omosessuali in India.

“Normal” s’è rivelato una delle più intense sorprese della 69. Berlinale. Il documentario, in linea con il modus operandi contemporaneo e l’intenzione della regista di limitarsi a mostrare ed accostare, senza cercare logiche o spiegazioni, “mostra” appunto (in azioni e parole) esclusivamente i protagonisti, senz’alcun commento o intervento in prima persona.

Questa successione di quadri animati, in cui le parole lasciano spesso il posto ai suoni d’ambiente e all’accompagnamento musicale, costruisce il mosaico della ricerca di un’identità all’insegna della cosiddetta “normalità”.

Cosiddetta proprio perché le aspettative (di accettazione ed eccellenza nel “casellario sociale”) riposte dai genitori nei propri figli (anche nascituri) e il bisogno di questi ultimi di sentirsi già grandi hanno i caratteri più della “mostruosità” che della “normalità”.

E d’altronde lo sguardo di Tulli, con i suoi insistiti e avvolgenti piani sequenza a camera fissa o in sinuoso movimento, i leggeri ralenti e le musiche liquide ed elettroniche del bravissimo Andrea Koch, rimanda molto a quello di Paolo Sorrentino.

L’attenzione verso l”ab-norme” è la medesima, ma – innanzitutto perché si tratta di documentario e non di mera finzione – poggia sul pieno rispetto degli “attori” della scena, guardati senza essere giudicati o, peggio, ridicolizzati.

Tulli sa bene, infatti, di trovarsi di fronte all’ignoto, a persone che può conoscere solo in maniera parziale, esattamente come gli sconosciuti incontrati percorrendo l’Italia con Bla Bla Car. L’esperienza da cui è nato “Normal”.

Massimo Nardin è Dottore di ricerca in Scienze della comunicazione e organizzazioni complesse, docente universitario presso l'Università LUMSA di Roma e l'Università degli Studi Roma Tre, diplomato in Fotografia allo IED Istituto Europeo di Design di Roma, giornalista pubblicista, critico cinematografico, sceneggiatore e regista. È redattore capo della sezione Cinema della rivista on-line “Il profumo della dolce vita” e membro del comitato di redazione di “Cabiria. Studi di cinema - Ciemme nuova serie”, quadrimestrale del Cinit Cineforum Italiano edito da Il Geko Edizioni (Avegno, GE). È membro della Giuria di “Sorriso diverso”, premio di critica sociale della Mostra del Cinema di Venezia, e del Festival internazionale del film corto “Tulipani di seta nera”. Oltre a numerosi saggi e articoli sul cinema e le nuove tecnologie, ha pubblicato finora tre libri: “Evocare l'inatteso. Lo sguardo trasfigurante nel cinema di Andrej Tarkovskij” (ANCCI, Roma 2002 - Menzione speciale al “Premio Diego Fabbri 2003”), “Il cinema e le Muse. Dalla scrittura al digitale” (Aracne, Roma 2006) e “Il giuda digitale. Il cinema del futuro dalle ceneri del passato” (Carocci, Roma 2008). Ha scritto e diretto diversi cortometraggi ed è autore di due progetti originali per lungometraggio di finzione: “Transilvaniaburg” e “La bambina di Chernobyl”, quest'ultimo scritto assieme a Luca Caprara. “Transilvaniaburg” ha vinto il “Premio internazionale di sceneggiatura Salvatore Quasimodo” (2007) e nel 2010 è stato ammesso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali al contributo per lo sviluppo di progetti di lungometraggio tratti da sceneggiature originali; nell'autunno 2020, il MiBACT ha ammesso “La bambina di Chernobyl” al contributo per la scrittura di opere cinematografiche di lungometraggio.