L’estate di Canale 5 si tinge di giallo con un tris di serie tv franco-spagnole in prima tv assoluta.
Un unico fil rouge lega la triade mistery: una serie di scomparse che sembrano puzzle da risolvere in poco tempo, prima che divengano definitive o troppo tardi. Prima che le sparizioni diventino delitti. Persone sulle quali indagare, nelle pieghe del loro passato o delle loro relazioni, per ritrovarle il più in fretta possibile. Una lotta, oltre che con possibili rapitori o assassini, contro il tempo.
ECCO ALCUNE CRITICHE STAMPA
“Sit-com sugli anni «Eighties», favolosi come tutti gli altri decenni (gli scherzi della memoria), una sit-com girata nello stile di quegli anni, piena zeppa di riferimenti pop, di icone, di oggetti culto, una sit-com che rappresenta il punto di vista di una telecamera tenuta in mano da un undicenne. «The Goldbergs», la serie di Joi, è ambientata a Jenkintown, in Pennsylvania. I Goldbergs, la famiglia, è una comunità un po’ stravagante: papà Murray Goldberg (Jeff Garlin), sua moglie Beverly (Wendi McLendon-Covey) e i tre figli, Erica (Hayley Orrantia), la più sveglia e di su cce s s o , Barry (Troy Gentile), l’ incompreso, e Adam (Sean Giambrone). Il piccolo Adam filma i momenti fondamentali della biografia famigliare (mai buttare via niente!). Il piccolo Adam altri non è che il vero Adam F. Goldberg, oggi regista e produttore televisivo, creatore della comedy. Partecipa attivamente alla famiglia anche il nonno Albert Pops Salomon (padre di Beverly) che vizia i nipoti alle spalle dei loro genitori. Fanno la loro fugace appar izione anche alcu ne gu est star, tra cu i Chuck Norris, Charlie Sheen e David Spade. Se da una parte la serie racconta la complessità dei rapporti famigliari (madre overapprehensive, una premurosità sempre sopra le righe, padre un po’ incitrullito dal lavoro e dai sensi di colpa indot- ti dalla moglie, figli adolescenti rompi), dall’altra mette i n scena frammenti di quegli anni (i miti musicali, quelli sportivi, quelli cinematografici, i primi computer, la nascita della Cnn, il videogioco Pac-Man, E.T. L’extraterrestre e Star Wars, Thriller di Michael Jackson, Born in The Usa di Bruce Springsteen…), quando gli Stati Uniti erano al massimo dell’esplosione della cultura pop (l’edonismo reaganiano, secondo la fortunata espressione di Roberto D’Agostino). La sit-com ha una sua piacevolezza, dialoghi brillanti anche nella loro fatuità, alleggerita e allisciata dalla nostalgia”. (Aldo Grasso, “Corriere della Sera”).
“Se chiedete a molti quarantenni qual è stata l’epoca d’oro del genere umano vi risponderanno, non senza un luccicone: «Gli anni ’80!». Certo si portavano orrende giacche con le spalline, le linee dei vestiti avevano colorazioni daltoniche e si doveva stare seduti tre ore per caricare un gioco elettronico che ora sta nella memoria del più scalcinato cellulare. Però era un’epoca di ottimismo, giustificato o meno che fosse. Ergo c’è una bella fetta di pubblico che se si tratta di fare un po’ di amarcord non si tira indietro. E su questo che conta il canale Joi che propone, in prima serata, la serie ‘The Goldbergs’. La trama è semplice e giocosa, infila lo spettatore nelle vicende di una famiglia molto a stelle e strisce che declina la sua versione del sogno americano nella Pennsylvania degli “Eighty”. Al centro della scena Murray Golberg, lo strampalato patriarca della famiglia interpretato da Jeff Garlin (uno dei migliori caratteristi americani), un padre digiuno della moderna pedagogia e grintosissimo nell’insultare i figli. Ad affiancarlo la moglie Beverly, casalinga che riversa sui tre figli (Erica, Barry e Adam), una congrua dose di ciabattate e un amore soffocante. ll tutto raccontato come in un filmato amatoriale attraverso la telecamere vintage del figlio più piccolo Adam. Sarebbe già divertente così. Ma l’Adam personaggio altri non è che l’al-ter ego, giovane, dell’autore della serie, quell’Adam F. Golberg che è uno degli showrunner più apprezzati degli Usa. Vedendo la serie si capisce da dove è nata la sua creatività. Da un’epoca felice di genitori poco pedagogici e di telefoni attaccati a lunghissimi cavi”. (Matteo Sacchi, “Il Giornale”)