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Obbligo o verità? Solo un gioco o una sfida pericolosa?

Obbligo o Verità

Obbligo o verità? Solo un gioco o una sfida pericolosa? Giocare va bene, ma se una semplice partita fra amici pone dei rischi, si allunga in termini di tempo, si espande oltre ogni confine nazionale, tutto si trasforma in un incubo. Non una trama molto originale per un thriller psicologico capace comunque di creare tensione e lasciare incuriositi gli spettatori di conoscerne gli sviluppi. L’idea nasce dalla penna di alcuni sceneggiatori come Jillan Jacobs, Micheal Reiz e Christopher Roach, autori di Obbligo o verità, ultima opera portata al successo dal regista americano Jeff Waldow. Dal 21 giugno nei cinema italiani.
Olivia e Markie, due studentesse universitarie nonché amiche inseparabili, partono alla volta del Messico per un’allegra vacanza estiva. Nella comitiva c’è anche Lucas, che nonostante una relazione con Markie, sembra essere innamorato segretamente di Olivia. Durante una gita in un santuario abbandonato, dove in passato sono stati uccisi tanti fedeli, un ragazzo conosciuto nei dintorni propone loro di giocare ad “obbligo o verità”. Al turno di Olivia che sceglie “verità”, la ragazza deve rivelare i suoi sentimenti per Lucas, altrimenti morrà. Le parole del loro amico, che ha stabilito le regole, passano come uno scherzo di pessimo gusto. Al suo ritorno però, Olivia si ritrova circondata in ogni luogo da lettere, bigliettini e muri imbrattati con su scritto “obbligo o verità”. Una volta svelato il mistero, il gioco continua senza sosta con l’obiettivo di far rivelare a ognuno i suoi segreti, affrontare prove pericolose ed uccidere chi mente. C’è un modo per uscirne fuori?
Se nelle prime sequenze, sembra di assistere a un gioco drammatico con finalità psicologiche come Perfetti sconosciuti, la storia cambia atmosfera ben presto. I personaggi precedentemente riuniti in un ambiente chiuso, escono allo scoperto per entrare in azione alla ricerca di un indizio, di un elemento che possa ricondurre al personaggio che continua a minacciarli dal Messico. Le discussioni attorno a un tavolo lasciano posto alla paura, alle voci che annunciano un turno di gioco, alle provocazioni, numerosi omicidi e qualche scena da bendarsi gli occhi, come quella in cui Markie taglia il braccio ad Olivia. Gli episodi violenti in questo film, a mio parere, sono troppi e forse non necessari per una storia che a lungo andare, perde sempre più la sua credibilità. Ciononostante non possiamo non tener conto degli ottimi effetti speciali, semplici ma perfettamente capaci di trasmettere allo spettatore quel pathos necessario per tenerlo col fiato sospeso. E di grande impatto sono anche volti e bocche deformate e sorridenti, risate inquietanti, che spesso richiamano a un’atmosfera tipica di un film dell’orrore.

Eugenio Bonardi