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Penélope Cruz e Javier Bardem insieme in “Escobar – Il fascino del male”, da oggi nelle nostre sale

Escobar il fascino del male
Escobar il fascino del male

Esce oggi in Italia “Escobar – Il fascino del male”.
Il film, dal titolo originale “Loving Pablo”, è stato presentato fuori concorso all’ultima edizione del Festival di Venezia. Sceneggiatore e regista, il talentuoso Fernando León de Aranoa (classe 1968), autore degli applauditi “Familia”, “Barrio” e “Princesas”, nonché, per la Fura dels Baus, dello script di “Fausto 5.0”, il film del gruppo (non solo) teatrale di Barcellona che da quarant’anni meraviglia il pubblico mondiale con le proprie opere multiformi, multimediali e trasgressive, originali o ispirate a capolavori preesistenti, proprio come nel caso di “Fausto 5.0”, anch’esso presentato in anteprima e fuori concorso a Venezia (nel 2001). Dove, l’anno scorso, sono intervenuti i due protagonisti assoluti di “Loving Pablo”, Penélope Cruz e Javier Bardem (pure coproduttore).
Il film, proprio perché basato sul bestseller di Virginia Vallejo “Amando a Pablo, odiando a Escobar” (“trad. “Loving Pablo, Hating Escobar”), offre della vita del più grande narcotrafficante della storia il punto di vista della donna che gli è stata vicina dall’ascesa criminale dei primi anni Ottanta fino al 1993, anno della sua uccisione durante un disperato tentativo di fuga sui tetti della sua Medellin.
Assieme a lei, lo spettatore si trova calato nelle periferie, nelle immense tenute con ippopotami e nelle contraddittorie carceri della Colombia di quegli anni, rivivendo le atrocità del narcoterrorismo, l’opposizione di Escobar e compagni alla sua estradizione negli USA e, soprattutto, il conflittuale rapporto con Virginia. La quale, dopo gli anni dell’amore totale e senza confini (né distacco critico), a poco a poco si allontana dal boss e finisce con il collaborare con la giustizia, favorendo quindi la cattura del super ricercato.
“La bella e la bestia”, verrebbe da dire pensando alla strana coppia Vallejo-Escobar messa in scena nel film, la coraggiosa sensualità di lei e il corpo sgraziato e pesante di lui, immagine del suo disarmonico rapporto con i propri affetti, il mondo e con se stesso.
Non a caso, la sezione del film che potremmo chiamare “del limbo”, risulta la più intrigante, persino perturbante, con un Escobar consegnatosi alle autorità colombiane per scongiurare l’estradizione e isolato nella “Catedral”, irreale e lussuosa prigione da lui stesso costruita, espressione del suo strapotere eppur sempre una prigione, con le guardie “altre” a difendere il confine tra quel dentro allucinato (in cui l’amore seguita a mischiarsi con la morte e la follia) e un fuori che appartiene sempre meno al boss e che, forse, non gli è mai appartenuto davvero.
Del titolo del best seller, de Aranoa sceglie programmaticamente la prima parte, l'”amore” per un uomo impossibile da amare – la sua ferocia, le sue debolezze, le sue visionarie ambizioni e la sua viscerale solitudine -, e lascia in secondo piano l'”odio” o, meglio, la critica e la presa di distanza dal criminale e da coloro che lo hanno fiancheggiato. Uno scotto da pagare che non pregiudica l’immersione dello spettatore in un’epoca relativamente vicina e in una terra, solo in apparenza, così lontana.

Massimo Nardin è Dottore di ricerca in Scienze della comunicazione e organizzazioni complesse, docente universitario presso l'Università LUMSA di Roma e l'Università degli Studi Roma Tre, diplomato in Fotografia allo IED Istituto Europeo di Design di Roma, giornalista pubblicista, critico cinematografico, sceneggiatore e regista. È redattore capo della sezione Cinema della rivista on-line “Il profumo della dolce vita” e membro del comitato di redazione di “Cabiria. Studi di cinema - Ciemme nuova serie”, quadrimestrale del Cinit Cineforum Italiano edito da Il Geko Edizioni (Avegno, GE). È membro della Giuria di “Sorriso diverso”, premio di critica sociale della Mostra del Cinema di Venezia, e del Festival internazionale del film corto “Tulipani di seta nera”. Oltre a numerosi saggi e articoli sul cinema e le nuove tecnologie, ha pubblicato finora tre libri: “Evocare l'inatteso. Lo sguardo trasfigurante nel cinema di Andrej Tarkovskij” (ANCCI, Roma 2002 - Menzione speciale al “Premio Diego Fabbri 2003”), “Il cinema e le Muse. Dalla scrittura al digitale” (Aracne, Roma 2006) e “Il giuda digitale. Il cinema del futuro dalle ceneri del passato” (Carocci, Roma 2008). Ha scritto e diretto diversi cortometraggi ed è autore di due progetti originali per lungometraggio di finzione: “Transilvaniaburg” e “La bambina di Chernobyl”, quest'ultimo scritto assieme a Luca Caprara. “Transilvaniaburg” ha vinto il “Premio internazionale di sceneggiatura Salvatore Quasimodo” (2007) e nel 2010 è stato ammesso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali al contributo per lo sviluppo di progetti di lungometraggio tratti da sceneggiature originali; nell'autunno 2020, il MiBACT ha ammesso “La bambina di Chernobyl” al contributo per la scrittura di opere cinematografiche di lungometraggio.