Home Teatro “Processo a Viviani”, omaggio a un innovatore del teatro

“Processo a Viviani”, omaggio a un innovatore del teatro

Processo a Viviani” è uno spettacolo che omaggia Raffaele Viviani, autore, attore e innovatore del Teatro, a settant’anni dalla sua scomparsa.

A Napoli, nel Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale, domenica 19 luglio alle ore 21:00 sarà in scena, per la Sezione Italiana del Napoli Teatro Festival Italia 2020, il debutto nazionale dello spettacolo “Processo a Viviani”, scritto e diretto da Corrado Ardone, e interpretato da Mario Aterrano, nel ruolo di Viviani, e Massimo Peluso, in quello del Giudice.

Lo spettacolo, che celebra l’artista a settant’anni dalla sua morte, è un processo immaginario a Raffaele Viviani che mette a nudo la vita e il percorso artistico del drammaturgo, costretto a difendersi dalle accuse rivoltegli dal giudice: reo di raccontare le miserie, discreditando le politiche di governo.

L’autore difende la propria innocenza attraverso aneddoti di vita, confessioni e performance tratte dal suo repertorio, e mette così a nudo gli aspetti della sua eccentrica personalità.

Mario Aterrano

Il dopoguerra segnò l’inizio del neorealismo, che vide in Viviani un precursore dei tempi. Ma troppo tardi: l’autore ormai sopravviveva facendo l’attore di compagnia, e, quando finalmente riuscì a tornare al “suo” teatro, poco tempo dopo si ammalò e morì.

Le voci del popolo sentenziarono: “È muort’e collera”.

Massimo Peluso

                                      

In occasione della messa in scena sarà presentata in anteprima assoluta l’opera di Ivano La Montagna, dal titolo “Raffaele Viviani_διάλεκτος”, con una scritta in greco per un motivo che sarà svelato durante la presentazione, in cui si racconterà quanto l’autore Viviani si fece assorbire da uno stato di profonda intimità con il reale.

 

Corrado Ardone

Spiega Ardone: “Verso la seconda metà degli anni Trenta lo strepitoso successo degli spettacoli della compagnia Viviani cominciava a scemare. Erano gli anni del regime rampante. Si è molto parlato dell’avversione del regime fascista e della lotta al dialetto, in realtà il teatro di Viviani, basato spesso sulla realistica rappresentazione della miseria, non era funzionale alla propaganda di regime. Ma fu soprattutto il pubblico, composto di nuovi ricchi, desideroso di grandeur e di rassicurazioni, a decretare l’ostracismo per un teatro che metteva scomodamente a nudo le realtà più drammatiche della convivenza umana. Con queste premesse, il nuovo pubblico borghese, infastidito dagli ‘stracci’, disertò le sale dove recitava. Lo accusavano di portare in giro le ‘vergogne d’Italia’. Viviani ormai non faceva più gli incassi di una volta e quindi gli impresari lo relegarono sempre più in teatri periferici e secondari. L’autore si trovò a dover lottare per non far scomparire il suo teatro, che fin dal 1937 il fascismo, e per esso Nicola De Pirro, a capo della direzione generale del teatro, aveva deciso di squalificare culturalmente, cominciando a escluderlo dalle piazze più importanti e dai teatri più popolari. In seguito il teatro dialettale venne escluso anche dagli aiuti statali”.

Musiche e arrangiamenti sono a cura del M° Michele Bonè. Musiche originali e fonica di Peppe Bruno. Chitarre del M° Michele Bonè e Gennaro Esposito. Scenografia di Peppe Zarbo. Luci di Mario Maisto (Xelius). Trucco e parrucco di Renè Bonante (Fast Beauty). Consulenza letteraria di Maria Emilia Nardo. Grafica di Ivano La Montagna. Foto di Massimo Accarino e Pino Finizio. Costumi realizzati da Canzanella.

Massimo Nardin è Dottore di ricerca in Scienze della comunicazione e organizzazioni complesse, docente universitario presso l'Università LUMSA di Roma e l'Università degli Studi Roma Tre, diplomato in Fotografia allo IED Istituto Europeo di Design di Roma, giornalista pubblicista, critico cinematografico, sceneggiatore e regista. È redattore capo della sezione Cinema della rivista on-line “Il profumo della dolce vita” e membro del comitato di redazione di “Cabiria. Studi di cinema - Ciemme nuova serie”, quadrimestrale del Cinit Cineforum Italiano edito da Il Geko Edizioni (Avegno, GE). È membro della Giuria di “Sorriso diverso”, premio di critica sociale della Mostra del Cinema di Venezia, e del Festival internazionale del film corto “Tulipani di seta nera”. Oltre a numerosi saggi e articoli sul cinema e le nuove tecnologie, ha pubblicato finora tre libri: “Evocare l'inatteso. Lo sguardo trasfigurante nel cinema di Andrej Tarkovskij” (ANCCI, Roma 2002 - Menzione speciale al “Premio Diego Fabbri 2003”), “Il cinema e le Muse. Dalla scrittura al digitale” (Aracne, Roma 2006) e “Il giuda digitale. Il cinema del futuro dalle ceneri del passato” (Carocci, Roma 2008). Ha scritto e diretto diversi cortometraggi ed è autore di due progetti originali per lungometraggio di finzione: “Transilvaniaburg” e “La bambina di Chernobyl”, quest'ultimo scritto assieme a Luca Caprara. “Transilvaniaburg” ha vinto il “Premio internazionale di sceneggiatura Salvatore Quasimodo” (2007) e nel 2010 è stato ammesso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali al contributo per lo sviluppo di progetti di lungometraggio tratti da sceneggiature originali; nell'autunno 2020, il MiBACT ha ammesso “La bambina di Chernobyl” al contributo per la scrittura di opere cinematografiche di lungometraggio.