Home Cinema Recensioni Film Qualcosa di meraviglioso fa scacco matto alle nostre paure sui clandestini  

Qualcosa di meraviglioso fa scacco matto alle nostre paure sui clandestini  

Qualcosa di meraviglioso fa scacco matto alle nostre paure sui clandestini  

di Giancarlo Salemi

“Signor Primo Ministro: siamo la Francia, il paese dei diritti umani oppure siamo il paese solo della dichiarazione dei diritti umani?” E’ tutto qui il senso del film-manifesto di Pierre Francois Martin-Laval Qualcosa di meraviglioso nella sale cinematografiche dal 5 dicembre distribuito dalla Bim. Una domanda che potrebbe essere declinata anche cambiando il Paese, magari mettendoci proprio l’Italia, visto il clima d’intolleranza, per non dire di violenza, che si è scatenato verso gli immigrati, o ancora peggio verso i clandestini, di certo gli ultimi, senza alcun diritto anche nel nostro meraviglioso stivale. 

Una domanda che è il senso profondo di una storia vera che vede protagonisti un padre (Nura) e un figlio (Fahim di 8 anni) costretti a fuggire dal Bangladesh perché perseguitati e con il sogno di dare una svolta alla loro vita, dove Parigi è vista come la mecca della nuova speranza. Ma non tutto è così semplice. Nella grande capitale cominciano una vera e propria corsa a ostacoli per ottenere asilo politico, con la minaccia di venire espulsi dalla Francia in qualsiasi momento. Ma c’è un dono che è stato regalato in questa vita a Fahim ed è quello di saper giocare molto bene a scacchi. La fortuna vuole che sarà Sylvain – un ingrugnito Gerard Depardieu uno dei migliori allenatori di scacchi francesi ad allevare il piccolo fino a portarlo a debuttare e vincere il campionato nazionale francese under 12, una vittoria che rappresenta un passepartout per una nuova vita per se’ e la sua famiglia.

Un film, basato su una storia vera (oggi Fahim ha 18 anni, studia all’Università e vive con tutta la sua famiglia in Francia) che è un po’ un manifesto politico firmato da un regista Pierre Francois Martin-Laval (che si regala anche un cameo nella pellicola interpretando un italiano che da una famiglia di umili origini è riuscito a diventare Presidente della federazione degli scacchi d’Oltralpe) nato nel 1968 a Marsiglia e figlio di quella Francia che crede e scommette sull’integrazione dove la scacchiera non è altro che il destino di ciascuno di noi. Perché al di là della storia – preparate i fazzoletti per chi è facile alla commozione – ciascuno di noi ha delle sliding doors che permettono alla nostra vita di percorrere un cammino in un senso o nell’altro. Già il piccolo Fahim nel suo viaggio disperato avrebbe potuto non superare il confine tra il Bangladesh e l’India e forse la sua storia non sarebbe mai stata scritta, così come appena giunto in Francia invece di incontrare la Croce Rossa che se ne prende cura, avrebbe potuto incontrare la polizia e vedersi rimpatriato senza avere la possibilità di giocarsela la partita con la vita.

Ma non è solo una storia di un immigrato, un clandestino, che ce la fa. C’è molto anche nel gioco degli scacchi – una feroce guerra la definisce Sylvain / Depardieu – uno dei passatempi più antichi del mondo, nato in India nel VI secolo, poi arrivato in Europa grazie agli Arabi, per poi diventare un vero e proprio sport dove ci si sfida a colpi di strategia, tecnica e capacità di adattamento. Un po’ come nella vita. Dove non si può sempre e solo attaccare – come fa il giovane Fahim – ma a volte anche un pareggio può aprire le porte ad una straordinaria vittoria. Lo insegna anche la storia di Garri Kasparov, campione del mondo dal 1985 al 2000, uno dei migliori scacchisti di sempre. Che faceva spesso la “faccia feroce” a chi gli stava davanti. Un modo forse per esorcizzare le paure. Le stesse del giovane Fahim che prima ancora che agli scacchi pensa a sua madre, a suo padre, a suo fratello di appena un anno e che non ha ancora conosciuto a causa del suo “esilio” in Francia. Quella faccia feroce che poi è più che altro un’autodifesa dalle prove della vita. Le stesse che ha il suo maestro e mentore Sylvain / Depardieu che sarà sì un grande scacchista ma è così goffo nelle relazioni sociali, soprattutto con le donne, che lo rendono un po’ un Re senza Regina e così di certo non è in grado di fare quello scacco matto che ha sempre immaginato ma mai realizzato.

Giornalista professionista, ha lavorato nelle redazioni del Tg4, Il Giornale, Liberal, Affari & Finanza e, come corrispondente, per Tribuna de Actualidad. È stato tra i curatori della comunicazione aziendale di Cirlab, Netsystem ed Enel. È autore dei libri El Paìs, le ragioni di una svolta (FrancoAngeli, 1999), Europa di carta guida alla stampa estera (FrancoAngeli, terza edizione 2009) e coautore del volume Guido Gonella, il giornalista (Edizioni Goliardiche, 2006). Ha insegnato Storia del giornalismo europeo all'Università Lumsa di Roma. Nel 2006 ha vinto il premio giornalistico come addetto stampa dell'anno per l'economia. E' stato capo ufficio stampa del Ministero del Commercio Internazionale, vice coordinatore dell'Ufficio Stampa e Comunicazione del Ministero dello Sviluppo Economico e assistente per la stampa nazionale a Palazzo Chigi durante l'esperienza del Governo tecnico guidato dal prof. Mario Monti.