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Quattro minuti e 33 secondi 4’33”. Il suono del silenzio (Cage)

Cage e il silenzio
Cage e il silenzio

Quattro minuti e 33 secondi 4’33”. Il suono del silenzio. Il ‘900 nonostante sia stato funestato dalle due grandi guerre, è stato di certo un secolo che ha regalato all’umanità grandi geni che hanno portato una ventata di modernità e freschezza infrangendo regole e sistemi  Dalla pittura con Picasso e il cubismo alla letteratura qui la lista sarebbe lunga, da Joyce a Calvino, da Thomas Mann a Umberto Eco. Per la cinematografia mi piace ricordare Robert Bresson ed il cinema del sonoro silenzioso quello che indugia e fa “parlare” gli oggetti. Le scienze e la tecnologia meriterebbero un discorso a parte ma non potrei non citare Einstein.
Se la genialità si definisce ancora come innovazione, estro, fantasia, rottura con le regole, allora io oggi all’orizzonte non ne vedo.
Il mio riferimento è esclusivamente all’arte, alla musica, al cinema e alla letteratura.
Tutto già detto, tutto gia sperimentato, qualche tentativo di rinnovamento indubbiamente c’è stato ma decisamente di nicchia e come tale sconosciuto al grande pubblico.
Sempre a proposito di rinnovamento, qualche tempo fa ma non molto, ho letto per caso su qualcuno dei social di un musicista, non ricordo il nome, che si è presentato a dare un concerto con il suo strumento ma senza emettere ne’ una nota ne’ un suono.
Un evento cosi fuori dal comune non ha mancato di suscitare non poco fragore.
Le critiche dei musicisti o pseudo musicisti, sono andate dall’ ironico al denigratorio.
Ma avranno capito lo spirito di un tale concerto?
Avranno mai sentito parlare di John Cage? Del sua composizione 4′ 33″?
Sono passati tanti anni da quando nel 1952 David Tudor a Woodstock eseguì in concerto la composizione di Cage. Indubbiamente un brano di grande ironia, ma con l’intento di sperimentare nuovi tipi di suoni. Come in ogni concerto il pubblico era in attesa di un concerto di quelli dove c’è un pianoforte, un pianista che suona e soprattutto la musica.
Ma non andò così, Tudor prese posto al piano, sollevò la calatoia che copriva la tastiera e con un dito dette il tempo all’orologio e restò lì in attesa, dopo un po minuti ripete’questi stessi movimenti per tre volte e pareva attento allo spartito come a leggere le note.  Sullo spartito solo “tacet”. Nessuna, proprio nessuna nota fu suonata.
E allora la musica? Quella è nel silenzio che non è vuoto ma affollato dai respiri del pubblico, dal loro rumoreggiare, dagli applausi ma potrebbe essere il rumore della pioggia che cade o del vento che fischia come del volo degli uccelli.
Afferma Cage: ” il silenzio non è altro che un cambiamento della mia mente. È un’accettazione di suoni che già esistono”.
In definitiva ” ogni cosa che facciamo è musica” questa è in pochissime parole la genialità di un compositore che ha trasformato ” la casualità” di un rumore in musica. Che Cage possa piacere o non piacere non e’ rilevante.
Quello che dovrebbe far riflettere è che nonostante le critiche e lo stupore da lui suscitato , esiste un prima e un dopo Cage.
La rilevanza che la casualità di cui parlava il compositore statunitense, ha avuto non solo nella musica, nell’arte, nel cinema ma anche nella didattica, questo dovrebbe essere oggetto di una approfondita riflessione. Dunque quella di Cage fu un’esperienza di rottura con una musica dominata da schemi e regole.
Dalla fine dello scorso secolo e intendo dal 1999 a tutt’oggi, nel panorama musicale internazionale ci sono state proposte di musica anche di qualità, ma al di là dei generi musicali sempre una musica che ha fatto il suo tempo.
Una rivisitazione in altra chiave di un brano che sia classico o rock o jazz o anche folk sicuramente può emozionare, però, certo non puo definirsi innovazione o creazione. Pur non disconoscendo il valore di questo lavoro sia da un punto di vista divulgativo ma anche sociale e pedagogico, è solo un rinfrescare qualcosa di già esistente.
Innovare significa la ricerca di nuovi suoni, nuove armonie e nuove melodie, insomma un linguaggio musicale che sia completamente slegato da un passato e da regole consumate.
Forse è proprio per questo legame alla tradizione che, a parte i concerti rock che con il loro messaggio tra il trasgressivo e politico richiamano folle oceaniche di giovani, gli altri generi musicali fanno presa su di un nostalgico pubblico più adulto.
Proposte musicali che rimbalzano dall’America all’Europa e viceversa ma sono solo copie a volte belle ma spesso anche brutte di brani molti dei quali in quel momento storico erano sicuramente rivoluzionari.
Ma ci sarà qualcuno in grado di studiare, ricercare e offrire nuova arte dei suoni che non segua percorsi esclusivamente commerciali e avere il coraggio di proporla , affrontare le critiche di una scelta e magari poi conquistare un posto nella storia della musica?

Julie Hegel