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Tutto quello che vuoi, confronto generazionale con esito positivo

Cosimo Calamini scrisse nel 2008 “ Poco più di niente “ la “ base “ di una bellissima narrazione che Francesco Bruni, l’incredibile autore di “ Scialla “ ha tenuto a mente nello scrivere il soggetto che ha dato vita ad un film straordinariamente vero, attuale, simpatico, al limite del comico se non fosse per l’atmosfera di dolore che circonda ogni personaggio.

Questa pellicola è stata presentata, con grande successo di pubblico e di critica, al BifEst di Bari.

Alessandro ed i suoi amici vivono a Roma, nell’ambiente di Trastevere e trascorrono le loro giornate al bar, a giocare a carte indebitandosi tra di loro, a bere, anche a spacciare: la loro è una vita da “ coatti “, pressoché inutile, fors’anche dannosa socialmente, senza prospettive; in particolare, Alessandro ha una vita alquanto movimentata sotto l’aspetto del rapporto con la famiglia ( il padre, al quale si contrasta, ed una convivente del padre ) e con il mondo esterno; è l’amante della madre, separata, di uno dei suoi amici.

Fino a quando suo padre non lo affronta duramente e lo convince a cominciare un lavoro “ strano “ per lui: il badante di un uomo meraviglioso, un ex scrittore, un poeta malato di Alzheimer bisognoso di assistenza continua con il quale dovrà confrontarsi ogni giorno, malvolentieri.

Tra alterne vicende che mettono in luce tanti aspetti della vita di un quartiere tipicamente popolare, dal linguaggio assurdo ma efficace che viene usato, alla insoddisfazione latente della vita che i quattro amici conducono, dal sordo rancore che li unisce e che li divide contemporaneamente, Alessandro finisce con l’affezionarsi al vecchio malato, Giorgio, e frequentandone la casa scopre via via la sua vita trascorsa, i suoi  segreti che ha affidato alle mura domestiche sulle quali ha tracciato i ricordi della sua vitai resi ora nebulosi dalla malattia che lo affligge, gli intimi affetti.

Fino a quando crede di aver individuato un segreto che il vecchio porta dentro di se: un tesoro nascosto in una zona di montagna nella quale ha operato come soldato: scatta allora il desiderio di entrare in possesso del tesoro e, con l’aiuto degli amici riesce drammaticamente a ritrovarlo, paradossalmente con l’aiuto del malato.

Dopo aver ritrovato il tesoro il vecchio ed amabile vecchietto muore ed Alessandro scopre tutto l’affetto che gli aveva instillato nell’animo: anche i suoi amici restano colpiti dalla personalità che aveva il malato, ne riconoscono i valori e dal giorno del funerale la loro vita cambia binario: ognuno di loro riflette, riconosce dentro di se gli errori commessi e la vita stupida che hanno condotto e si avviano così verso la normalità.

La lezione di vita che il malato ha dato ai ragazzi è tale che induce lo spettatore a riconoscere che in fondo al loro animo l’apparente inutilità della vita dei giovani nasconde un animo disposto ad accettare le lezioni che la vita insegna a tutti loro, ad ognuno di noi: sono capaci di redimersi, di pensare anche e finalmente di ragionare al meglio: i quattro ragazzi sceglieranno ognuno la sua strada superando quel periodo di apparente inutilità all’interno del quale hanno vissuto fino a quando nella loro vita non entrato un povero e simpatico malato di Alzheimer.

La vicenda ha quindi insegnato ai ragazzi che in fondo al loro cuore vi è una grande ricchezza, una ricchezza che loro stessi rifiutavano, per inerzia, di svelare: il sentimento, l’attaccamento alla vita.

La dedica a suo padre, che Francesco Bruni appone a fine film, la dice lunga sull’ambientazione della bella storia che è stato in grado di narrare e che tiene conto del quartiere in cui abita, Trastevere appunto, dei luoghi più nobilitati che lo sovrastano ( Monteverde Vecchio ) che egli riesce mirabilmente a descrivere nel contesto di una storia che comunque avrebbe potuto svolgersi in una qualunque parte del mondo dato il suo carattere di universalità: Giuliano Montaldo ( il vecchio malato, 87 anni suonati ) interpreta mirabilmente la sua parte di poeta e di ex amico nientemeno che di Sandro Pertini ed il rapporto che si instaura tra il malato ed i ragazzi è tale da ricondursi ad un confronto generazionale che, però, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare è migliorativo dello status di ogni personaggio: il malato sembra rivivere ed i ragazzi riescono a provare l’umano sentimento dell’affetto che non hanno mai conosciuto.

Il personaggio apparentemente più in evidenza è però Alessandro ( un bravissimo ed efficace Andrea Carpenzano ), con tutto il suo vissuto di fatiche, di cattiverie all’interno del suo animo ed, infine, del risorto rispetto per suo padre ma anche i suoi amici Riccardo ( Arturo Bruni ), Tommi ( Emanuele Propizio ), Leo ( Riccardo Vitiello ) il padre Stefano ( Antonio Geradi ) non sono da meno e contribuiscono ad alimentare una sorta di pathos che induce lo spettatore a cercare di capire come la intera vicenda, con tutte le sue complessità ed i suoi risvolti, andrà a finire.

Molto brava Donatella Finocchiaro nella parte della sorella del vecchio malato, Claudia, che ha saputo entrare nella parte della donna rigida ma non troppo, decisa ma tollerante, mentre assolutamente degna di nota è la scenografia di Roberto De Angelis che ha perfettamente ambientato ogni dettaglio del film scegliendo le locations in maniera magistrale; le musiche, molto appropriate, sono di Carlo Virzì.

Perfetta la regia di Francesco Bruni.

L’uscita del film, che ha una durata di circa un’ora e tre quarti, è prevista per il prossimo undici maggio