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SMETTO QUANDO VOGLIO… Laurea AD HONOREM (cum laude) per la trilogia di Sydney Sibilia

Smetto Quando Voglio Ad Honorem

 

Smetto Quando Voglio Ad Honorem

Presentato ieri mattina a The Space Cinema Moderno di Roma “Smetto quando voglio. Ad honorem”, ultima parte della trilogia diretta da Sydney Sibilia e prodotta da Matteo Rovere e Domenico Procacci con Rai Cinema (dal 30 novembre in 350 sale italiane).

La banda dei ricercatori in cerca del giusto riconoscimento è chiamata di nuovo in campo. Stavolta non agirà di concerto con la polizia ma dovrà sbrigarsela da sola.
Capeggiati dal prof. Zinni, gli illuminati studiosi senza cattedra dovranno prima riunirsi e poi evadere dal carcere in cui sono stati rinchiusi al termine del secondo episodio. Lo faranno con la complicità del loro avvocato e la supervisione del “Murena”, lo storico antagonista. Perché adesso il nemico è un altro: si chiama Walter Mercurio ed è molto più pericoloso…

Dopo l’esordio col botto del primo capitolo e la deviazione-con-approfondimento del secondo (“Masterclass”), Sybilia con questa chiusura di saga sorprende due volte. Da una parte, regala un crescendo di situazioni esilaranti, una escalation diretta ad un super-obiettivo, una missione unica che compatta gruppo e trama in maniera più incalzante di quanto non avesse fatto l’impresa del secondo film. Dall’altra parte, il regista e i co-sceneggiatori hanno avuto il merito (raro) di scavare (in flashback) nel passato dei due cattivi, restituendoci dei personaggi a tutto tondo, e nella struttura stessa della trilogia, generando un caleidoscopio di richiami interni e offrendo allo spettatore nuovi punti di vista sul già visto.
Senza nascondere una vena di autentica malinconia per gli amati protagonisti. Che, allontanandosi all’orizzonte e uscendo (finalmente) dall’università, chiudono un’avventura (narrativa, produttiva e umana) durata un intero lustro.

Si nutre quindi di un altro prezioso tassello l’ammirazione verso un regista italiano che, appena trentaseienne, può vantare una serie televisiva (“Zio Gianni”) e tre lungometraggi in cinque anni con un incasso totale che supererà ampiamente i dieci milioni di euro. La confessione da lui fatta durante la conferenza stampa, ovvero il desiderio di dirigere un film incentrato non più su una banda ma su un unico protagonista, accresce ulteriormente le aspettative.

Se i due latinisti ci danno il nulla osta e il chimico ci presta la potente voce lirica… non possiamo che augurare a Sibilia AD MAIORA!

Massimo Nardin è Dottore di ricerca in Scienze della comunicazione e organizzazioni complesse, docente universitario presso l'Università LUMSA di Roma e l'Università degli Studi Roma Tre, diplomato in Fotografia allo IED Istituto Europeo di Design di Roma, giornalista pubblicista, critico cinematografico, sceneggiatore e regista. È redattore capo della sezione Cinema della rivista on-line “Il profumo della dolce vita” e membro del comitato di redazione di “Cabiria. Studi di cinema - Ciemme nuova serie”, quadrimestrale del Cinit Cineforum Italiano edito da Il Geko Edizioni (Avegno, GE). È membro della Giuria di “Sorriso diverso”, premio di critica sociale della Mostra del Cinema di Venezia, e del Festival internazionale del film corto “Tulipani di seta nera”. Oltre a numerosi saggi e articoli sul cinema e le nuove tecnologie, ha pubblicato finora tre libri: “Evocare l'inatteso. Lo sguardo trasfigurante nel cinema di Andrej Tarkovskij” (ANCCI, Roma 2002 - Menzione speciale al “Premio Diego Fabbri 2003”), “Il cinema e le Muse. Dalla scrittura al digitale” (Aracne, Roma 2006) e “Il giuda digitale. Il cinema del futuro dalle ceneri del passato” (Carocci, Roma 2008). Ha scritto e diretto diversi cortometraggi ed è autore di due progetti originali per lungometraggio di finzione: “Transilvaniaburg” e “La bambina di Chernobyl”, quest'ultimo scritto assieme a Luca Caprara. “Transilvaniaburg” ha vinto il “Premio internazionale di sceneggiatura Salvatore Quasimodo” (2007) e nel 2010 è stato ammesso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali al contributo per lo sviluppo di progetti di lungometraggio tratti da sceneggiature originali; nell'autunno 2020, il MiBACT ha ammesso “La bambina di Chernobyl” al contributo per la scrittura di opere cinematografiche di lungometraggio.