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“Top Gun: Maverick”: dal 25 maggio Tom Cruise torna a sfrecciare nelle nostre sale

La locandina originale del film (da cinematografo.it)

Dopo l’anteprima stampa italiana dello scorso 9 maggio presso il The Village Cinema Moderno di Roma, “Top Gun: Maverick” è stato presentato oggi in anteprima mondiale al Festival di Cannes.

È il migliore, eppure da più di trent’anni evita promozioni che lo porterebbero dalla cabina di un jet alla scrivania del potere. Lui è il Tenente Pete “Maverick” Mitchell, il suo sogno è rimasto quello di volare al massimo delle capacità umane e oltre ogni tipo di limite (tanto per chiarire, lo dimostra sin dall’inizio, infrangendo gli ordini e superando i dodicimila chilometri orari); l’altro, colui che invece le promozioni le ha inanellate una dietro l’altra sino ai più alti ranghi della Marina, è il suo ex compagno di volo, Tom “Iceman” Kazinsky . È quest’ultimo, gravemente malato, a volere Maverick di nuovo protagonista di una missione, istruttore di novelli “Top Gun” per un blitz impossibile contro uno “stato canaglia”. Quando il vento cambierà, la nuova dirigenza tenterà di estromettere il maturo pilota, che tuttavia – sorretto dalla piena fiducia dei suoi allievi – dimostrerà agli attoniti graduati la propria inarrivabile maestria, passando in un sol colpo da istruttore confermato a capo-missione. Che sarà messa a repentaglio dai fantasmi del passato, incarnati dal figlio del pilota all’epoca navigatore di Maverick, quel “Goose” che, al contrario del protagonista, non riuscì a salvarsi da un’eiezione d’emergenza, aprendo nel cuore dell’altro una ferita insanabile.

L’attesa di trentasei anni è stata ben ripagata. A cominciare dal regista, Joseph Kosinski, che ha preso l’incandescente timone di Tony Scott – scomparso nel 2012 – rapportandosi all’originale con intelligenza e rispetto.
Gli inserti del film precedente sono pochi, quelli necessari a spiegare i passaggi cruciali della trama. Che evidenzia l’impianto classico che contraddistingue anche il fortunato capostipite: entrambe sono storie di formazione, partecipazioni collettive alla (ri)nascita di un super-uomo fallibile e proprio per questo invincibile, celebrazioni della supremazia dell’umano sul macchinico, racconti che selezionano quegli snodi e colpi di scena imprescindibili tanto per rendere la narrazione incalzante quanto per suscitare un’emozione crescente dello spettatore. Coinvolto al massimo grado da riprese e ricostruzioni che non fanno rimpiangere il 3D o la VR e portano “dentro” gli angusti abitacoli e le peripezie supersoniche.

Gli sceneggiatori Ehren Kruger, Eric Warren Singer e Christopher McQuarrie (autore di un certo “I soliti sospetti” e dei blockbuster “cruisiani” “Operazione Valchiria”, “The Edge of Tomorrow”, “La mummia”, “Jack Reacher” e le due ultime “Mission: Impossible” – questi tre ultimi film anche diretti) hanno saputo orchestrare al meglio gli opposti: il vecchio e il nuovo – nel cuore stesso del protagonista, autentico mutante immortale –, il passato e il presente, l’azione e lo humour, il trionfalismo e la malinconia, i rimandi e le innovazioni. Il predecessore e i successori: “Top Gun: Maverick” è un raro esempio in cui l’uno non annulla gli altri (o viceversa, quando invece il capostipite è confinato in un cameo) e il gruppo mantiene, al contempo, compattezza e diversificazione, con ciascuno dei componenti compiutamente strutturato e al posto che gli compete nella complessiva funzionalità drammatica.
E quindi, all’interno di una trama che avvince e convince, il merito maggiore del film consiste forse nella giusta calibrazione dell’ironia: il “disincanto” (che una volta si sarebbe chiamato “postmoderno”) va a braccetto con il coinvolgimento, l’uno nutre l’altro tenendo lo spettatore ancorato alla storia e al tempo che passa rinnovando se stesso.

Massimo Nardin è Dottore di ricerca in Scienze della comunicazione e organizzazioni complesse, docente universitario presso l'Università LUMSA di Roma e l'Università degli Studi Roma Tre, diplomato in Fotografia allo IED Istituto Europeo di Design di Roma, giornalista pubblicista, critico cinematografico, sceneggiatore e regista. È redattore capo della sezione Cinema della rivista on-line “Il profumo della dolce vita” e membro del comitato di redazione di “Cabiria. Studi di cinema - Ciemme nuova serie”, quadrimestrale del Cinit Cineforum Italiano edito da Il Geko Edizioni (Avegno, GE). È membro della Giuria di “Sorriso diverso”, premio di critica sociale della Mostra del Cinema di Venezia, e del Festival internazionale del film corto “Tulipani di seta nera”. Oltre a numerosi saggi e articoli sul cinema e le nuove tecnologie, ha pubblicato finora tre libri: “Evocare l'inatteso. Lo sguardo trasfigurante nel cinema di Andrej Tarkovskij” (ANCCI, Roma 2002 - Menzione speciale al “Premio Diego Fabbri 2003”), “Il cinema e le Muse. Dalla scrittura al digitale” (Aracne, Roma 2006) e “Il giuda digitale. Il cinema del futuro dalle ceneri del passato” (Carocci, Roma 2008). Ha scritto e diretto diversi cortometraggi ed è autore di due progetti originali per lungometraggio di finzione: “Transilvaniaburg” e “La bambina di Chernobyl”, quest'ultimo scritto assieme a Luca Caprara. “Transilvaniaburg” ha vinto il “Premio internazionale di sceneggiatura Salvatore Quasimodo” (2007) e nel 2010 è stato ammesso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali al contributo per lo sviluppo di progetti di lungometraggio tratti da sceneggiature originali; nell'autunno 2020, il MiBACT ha ammesso “La bambina di Chernobyl” al contributo per la scrittura di opere cinematografiche di lungometraggio.