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“Un Paese quasi perfetto”, quando si parla di collaborazione…recensione

Un Paese quasi perfetto
Un Paese quasi perfetto
Un Paese quasi perfetto

UN PAESE QUASI PERFETTO: QUANDO SI PARLA DI COLLABORAZIONE
Basilicata, Dolomiti lucane, miniera: tutto reale; Pietramezzana, un paese inesistente il cui nome nasce dalla fusione dei nomi di due paesi realmente esistenti: Castelmezzano e Pietrapertosa, e ciò per evitare qualsiasi riferimento alla realtà, una realtà che Massimo Gaudioso è riuscito a trasformare in una bella favola dai risvolti comici e profondamente inondata dalla tristezza che la chiusura di una miniera comporta per un paese a rischia di scomparire.
Gli abitanti, pochi, rimasti si avviano verso una permanente disoccupazione perché il paese viveva intorno e della miniera ed essi sopravvivono ora soltanto del misero salario che dà loro la cassa integrazione: bisogna inventarsi qualcosa perché il paese non muoia e, per fortuna, c’è Domenico, una brava persona che non vuole arrendersi alla realtà e basandosi sulla possibile realizzazione di una fabbrica si mette in movimento per realizzare il fantastico disegno; ma per far sorgere la fabbrica è necessario trovare un medico, perché una fabbrica senza un medico che fabbrica è?

Un Paese quasi perfetto
Un Paese quasi perfetto

Come trovarlo? Chi mai sarà, istruito come un medico, da trasferirsi in una località tanto sperduta, quasi senza avvenire, seppure bellissima per i suoi paesaggi e per la sua gente?
Ed ecco l’idea di Domenico, un ex minatore, bravo padre di famiglia che intravede in Gianluca, un rampante medico milanese tutto modernità e spregiudicatezza, la soluzione al caso: lo studiano, lo captano, lo avvincono basandosi sulla sua passione per il cricket ed organizzano la sua trasferta a Pietramezzana: qui ha inizio una serie di simpatici contrattempi, di scenette efficacemente comiche che la bonomia di un bravo Silvio Orlando nei panni di Domenico trasformano in un film dai contorni assolutamente simpatici ed accattivanti: un intreccio di contrattempi, di coincidenze davvero ben studiate e di personaggi scelti magistralmente ed altrettanto magistralmente rappresentati.
Una pellicola che definirei satura di candore, di educata innocenza paesana che tende a voler cambiare in sano e positivo ottimismo una situazione disperata utilizzando l’arma di una comicità brillante, gentile nel quale la figura del medico è affidata a Fabio Volo, medico allampanato ed ambizioso che si lascia attrarre nella rete di improbabili partite di cricket organizzate dal vulcanico Domenico e giocate da paesani che del cricket non sanno nemmeno cosa sia; quella di Nicola, l’impiegato di una banca che serve soltanto a cambiare ogni mese l’assegno che arriva dalla cassa integrazione e che per la sua poca attività viene soprannominato, con suo grande scorno, “ bancomat “( Carlo Buccirosso ); un Michele, amico da sempre di Domenico ed incredibilmente disattento organizzatore, interpretato dal sempre simpatico e bravo Nando Paone ed una bella e brava, fresca Miriam Leone nei panni di Anna ( colei che dovrebbe attrarre il medico con le sue grazie ) ed una serie di personaggi tipicamente paesani così ben descritti che fanno da corollario ad una vicenda che si segue con piacere perché ben descritta e che si conclude con un finale un tantino amaro e con una storica morale: l’unione fa la forza.
Lo scenario in cui si svolge la vicenda rende la storia assolutamente credibile perché la ricerca del paese molto piccolo, quasi disabitato per la mancanza di lavoro è coerente ed azzeccata: scenari di rara bellezza, montagne aspre, grotte ricavate nei cunicoli della miniera così pieni di fascino che avvincono e che contribuiscono a formare nello spettatore l’idea del paese del sud economicamente depresso ma pieno di voglia di vivere ed i cui abitanti non si arrendono se non di fronte agli umani imbrogli.
Discorso a parte merita la caratterizzazione dei personaggi di contorno ai protagonisti e la loro scelta: personaggi veri interpretati dagli abitanti dei due paesini scelti come ambientazione e che hanno partecipato con grande ed evidente spirito di collaborazione alla riuscita del film attraverso l’esplicitazione di situazioni nascoste ma non troppo, ognuno con una pagliuzza nell’occhio che viene però usata per sopravvivere: assolutamente degne di rilievo le figure delle donne paesane sulle quali spicca la figura di Anna, la barista, che riesce, da sola ad incarnare il verso spirito del paese: una donna che non accetta compromessi e che conserva i suoi valori più nobili pur dovendo fare da specchietto per le allodole per il pretenzioso medico che dovrebbe con la sua presenza risolvere i problemi del paese e che non riesce ad adattarsi allo stile di vita paesano: il destino gli riserva comunque una gradevole sorpresa malgrado la fidanzata che si porta dietro e le snobistiche passioni per il sushi ed il cricket, uno sport d’elite che è stato scelto dal regista per rappresentare una delle passioni del medico.
La pellicola, che sarà in sala dal prossimo 24 marzo, è in effetti la rivisitazione di una pellicola canadese, “ La grande seduzione “ nella quale si parla, in effetti, di hockey e non di cricket: ma la nostra storia, ambientata nel depresso sud d’Italia, ben si addice ad evidenziare le caratteristiche del medico milanese appartenente ad una certa classe sociale un tantino snob ed alla quale oggi, appunto, piace il cricket.