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“West Side Story” di Steven Spielberg, bello da vedere anche se “troppo fedele” all’originale

“West Side Story” di Steven Spielberg, bello da vedere anche se “troppo fedele” all’originale

di Eugenio Fatigante

Bissare un capolavoro è impresa titanica. Solo un Titano del cinema vi si poteva cimentare. E’ quanto accaduto al 75enne due volte Oscar Steven Spielberg alle prese con la riedizione di “West Side Story”, uno dei super film di queste feste di fine 2021. Virtù tipica dei Grandi è quella di sapersi cimentare su vari registri espressivi. Spielberg, poi, in fondo il film musicale lo ha sempre avuto nelle corde, sin da bambino quando ascoltava anche il disco di quest’opera per suggestione paterna (cui il film è dedicato), come ha raccontato: tant’è che alcune scene dei suoi film classici già echeggiavano questo genere, da “1941: allarme a Hollywood” ad alcune sequenze dello stesso Indiana Jones. Ora, però, Spielberg ha fatto il salto completo cimentandosi nel remake del film che 60 anni fa, girato da Robert Wise e Jerome Robbins e con Natalie Wood, si accaparrò ben 10 Oscar sull’onda dei 4 anni di repliche a Broadway dell’omonimo musical con le musiche di Leonard Bernstein, che nel 1957 aveva aperto una strada nuova al genere musicale.

Ariana DeBose as Anita and David Alvarez as Bernardo in 20th Century Studios’ WEST SIDE STORY. Photo by Niko Tavernise. © 2020 20th Century Studios. All Rights Reserved.

I tempi sono cambiati però, anche se conserva una sua attualità perenne questa storia di discriminazione urbana (che riecheggia il celebre “Romeo e Giulietta” scespiriano), ambientata nell’Upper West Side di New York, fra due bande rivali di adolescenti poveri: i Jets, bianchi irlandesi guidati da Riff, e gli Sharks, portoricani capeggiati da Bernardo. Quando la giovane Maria, sorella di quest’ultimo, e Tony, il miglior amico di Riff, faccia di bravo ragazzo già sulla via della redenzione dopo un’esperienza in carcere, si innamorano perdutamente e cercano di spezzare la barriera di odio fra i due gruppi, il loro gesto innesca conseguenze a catena ancora più drammatiche.

Il film è stilisticamente ben fatto, come ogni opera spielberghiana, con delle coreografie notevoli, e si lascia vedere volentieri malgrado la lunghezza (156 minuti). Anche il prestigioso regista, tuttavia, si è forse lasciato irretire dal nobile precedente confezionando un remake assai fedele all’originale, e questa è forse la pecca principale. Certo, il segno dei tempi si coglie nel fatto che Spielberg non sceglie per i suoi portoricani attori bianchi truccati, come fu nel 1961; inoltre sono più netti i riferimenti alle violenze della polizia contro la gente di colore. Nel mirino, poi, sono sempre le menzogne del sogno americano, che promette libertà e opportunità per tutti. Oggi, tuttavia, i nuovi conflitti sociali, pur sempre presenti nelle periferie di tutto il mondo, hanno radici più eterogenee. E il regista, pur avendo egli sottolineato che certi quartieri newyorchesi non sono poi cambiati molto dagli anni Cinquanta, poteva trovare soluzioni più coraggiose a una “gabbia” narrativa altrimenti datata, che a tratti sembra irretirlo in uno schematismo non consono allo stile di Spielberg. Ciò spiega il fatto che gli iniziali incassi americani non sono stati brillanti, anche se il film si candida ugualmente a raccogliere nomination.

Fra gli attori, quasi a far da contraltare alle tante giovani presenze (spicca Mike Faist, 20 anni, il Riff leader dei Jets), è da segnalare la presenza di Rita Moreno, premiata 60 anni fa con l’Oscar da non protagonista e uno dei 16 artisti che hanno vinto tutti i 4 premi maggiori dello show-business (Emmy, Grammy, Oscar e Tony): ora, a 90 anni, si cala nel ruolo dell’anziana commerciante Valentina che assiste il giovane Tony, dopo aver fatto l’altra volta Anita (la fidanzata di Bernardo), in un ponte ideale con l’illustre passato che potrebbe essere premiato di nuovo dalla giuria dell’Academy. E sempre suggestive sono le scene delle canzoni “Maria” e “Tonight”, cantate fra i piani delle scale antincendio e dedicate alla protagonista, stella di purezza in un quartiere malfamato. La qualità e la godibilità ci sono, insomma, al film manca però il salto di qualità capace di farlo vivere di quelle emozioni e di quei palpiti che fanno presa sugli spettatori, oggi assai più smaliziati di 60 anni fa.