Dopo sei anni ecco il seguito di “Frozen. Il regno del ghiaccio”, uno dei più incredibili fenomeni mediatici degli ultimi anni, e che che fino a pochi mesi fa deteneva il record di film animato di maggior successo della storia del cinema (è stato proprio quest’anno superato da un altro gigante Disney, cioè «Il re leone»). Per questa ragione l’attesa era ai massimi livelli, così come la curiosità di sapere se “Il segreto di Arendelle” sarebbe stato all’altezza delle aspettative.
È, però, un film diverso, il quale cerca di venire incontro alle esigenze di un pubblico in parte cresciuto e che di certo si aspetta qualcosa di più. Per questo i toni si sono fatti in qualche modo più maturi e, in parte, più cupi. Il tema del film, esplicitamente e ripetutamente dichiarato dai protagonisti, è ora quello della crescita. E come in ogni racconto di formazione i protagonisti dovranno confrontarsi non solo con nemici ed avversità, ma anche con le loro paure. La paura, appunto, di crescere, con tutte le incognite che riserva su quello che di noi, alla fine del viaggio, verrà ad essere cambiato. Ed ecco, quindi, che l’atmosfera generale si fa un po’ più cupa, con tonalità più scure, autunnali, anche tempestose. Frozen, insomma, sembra essere cresciuto. Non ci si preoccupi, però, la bravura dei registi è stata anche quella di riuscire a rendere il film sì più maturo, ma senza per questo fargli perdere la coloratissima ed incantata, genuinamente fanciullesca, magia che tanto caratterizzò il precedente episodio. Certo, talvolta alcuni passaggi sembrano un po’ tirati via, ma è cosa di poco conto rispetto ai pregi di una narrazione in generale qualitativamente migliore e più interessante rispetto a “Il regno del ghiaccio”.
Elsa diventa a tutti gli effetti la protagonista principale, anche solo perché questa è essenzialmente la sua storia, nella quale dovrà affrontare una sfida ben più difficile di ogni eventuale : conoscere la verità su se stessa, accettarla ed assumersene la responsabilità. In questo senso Anna, che ne Il Regno del Ghiaccio era la protagonista principale, qui viene resa coprotagonista, ma allo stesso tempo le si offre una caratterizzazione più compiuta, meno naive rispetto a quella del precedente. Su tutti, a parte forse Elsa, svetta però Olaf, a tutti gli effetti il vero re dello show, forse quello più e meglio cresciuto rispetto al 2013 ed a cui sono riservate le scene più divertenti, o, meglio ancora, intelligentemente divertenti. A Kristoff, lo accennavamo, non sembra invece essere stata riservata la medesima cura ed attenzione degli altri personaggi, e nonostante ora gli si faccia dono dello spazio di una canzone, del gruppo risulta il personaggio meno interessante, se non addirittura superfluo, surclassato, per divertimento ed utilità narrativa anche dalla simpatica e saggia renna Sven.
Dal punto di vista tecnico, invece, Frozen 2 è semplicemente splendido, mostrando ad ogni fotogramma ogni singolo dollaro spesso per la realizzazione. Davvero Frozen 2 è visivamente una meraviglia che incanta e stupisce.
Frozen 2, insomma, riesce in quello su cui molti seguiti cadono miseramente, cioè migliora il precedente su molti aspetti, senza però togliere quasi nulla di ciò che ha contraddistinto il precedente episodio.