Che registi del nome di Ginevra Elkan non abbiano bisogno di particolari presentazioni è cosa assolutamente normale; è però meno normale assistere alla presentazione di un film dal titolo aperto ad ogni interpretazione quale è quello della sua opera prima: “ Magari “.
E proprio lei, insieme a John e Lapo, sono i veri protagonisti di questo film la cui uscita era stata bloccata dal lungo lockdown ( anche se poi è già stato trasmesso in streaming ) ma che la circuitizzazione, almeno nelle arene estive, riconduce a più giuste dimensioni accreditandolo di un maggior valore.
Tre bambini i cui nomi Alma, Jean e Seba rimandano senza alcuna circonvoluzione ai rampolli Elkan, anche se nella sua introduzione alla proiezione l’ottima Ginevra ha indicato come i personaggi e la storia narrata possono essere riferibili non solo alla sua famiglia ma anche a qualunque altra famiglia sostenendo la sua tesi anche con i frequenti rimandi alle varie lingue delle quali sono infarciti i dialoghi dei personaggi del suo film.
Ginevra riesce a descrivere, senza mai esagerare, i particolari della vita di una madre e di un padre che, da separati, litigano in maniera quasi ovvia coinvolgendo negativamente i loro tre figli nelle dispute che appaiono come convenzionali, mai veramente sentite; la storia ruota intorno alle vite dei due coniugi che, seppure separati legalmente, vivono nel loro io interiore la consapevolezza di una futura riunione.
Il finale della pellicola, pur drammaticamente avvincente, è quasi scontato ma ne rappresenta molto chiaramente lo scopo, che appare quello di appartenere ad una famiglia “normale”, anche se dichiaratamente, pur appropriandosi di diversi spunti autobiografici, non descrive con esattezza i fatti della famiglia di Alain Elkan perché il vero Alain si è dimostrato profondamente diverso da quello sciupa femmine e superficiale, godereccio e sfacciato interpretato da uno Scamarcio non proprio al top delle sue possibilità.
Molto accurata la descrizione dei personaggi e dei fatti, delle contraddizioni paterne e delle sue scorrette sfacciataggini commesse addirittura davanti ai figli con una delle sue amanti ( qui interpretata da Alba Rohrwacher“, sensibile quanto basta a giustificarla come amante di un uomo strampalato ).