Recensioni Film

Nelle nostre sale arriva “Giulia”, il nuovo film del regista di “Spaghetti Story”

Presentato al Nuovo Cinema Aquila e distribuito da Koch Media in quarantacinque sale italiane Giulia, terzo lungometraggio di Ciro De Caro.

Mimmo Calopresti modera l’incontro con Ciro De Caro e gli interpreti


Giulia sostiene un colloquio di lavoro, tradendo un curriculum frammentario e obiettivi opachi… Giulia rovista nei cassonetti, raccoglie giocattoli e materiali per neonati, li accumula, li porta in chiesa quale offerta votiva… Giulia ripone una piccola speranza di relazione in un incontro occasionale nato dai social, speranza castrata subito dopo la consumazione del rapporto… Giulia è convinta di avere ancora un fidanzato, al quale chiede un figlio: lui l’ha lasciata già da tempo e lei, persa la casa, lo ritrova, senz’altro scopo che manifestare la propria persistenza, rompere l’altrui armonia e poi, di nuovo, sparire… Giulia sembra conquistare una dimensione lavorativa (ed espressiva) all’interno di un centro per anziani, tuttavia si tratta anche stavolta di una sistemazione precaria. Ma è Giulia, adesso, ad essere oggetto di attenzioni, da parte di un ragazzo e dei suoi due amici, che la assecondano, la studiano, la accompagnano nelle sue peregrinazioni fino in riva al mare, fino alla sua ennesima sparizione…

Rosa Palasciano, Ciro De Caro e Mimmo Calopresti



Giulia, a testa in giù e a tutto campo, sulla locandina del film, annunciata dal punto esclamativo colorato che sostituisce la “i” del suo nome: Giulia coincide con il film e con la sua magnifica interprete, Rosa Palasciano. I confini sfumano, le immagini, le azioni, gli eventi rubati dalla chirurgica cinepresa del regista si fondono con ciò che è stato preparato in sceneggiatura, i tagli delle inquadrature ambiscono alla decontestualizzazione di luoghi e individualità che seguitano però a pulsare della propria vivida e indipendente concretezza.

Mimmo Calopresti e Ciro De Caro



Giulia è un’opera unica nel proprio genere. Un genere, anzi, inedito e inesplorato, indefinibile e pertanto di magnetica pervasività: De Caro estromette dal set i reparti trucco e segreteria di produzione, lascia la scena agli interpreti e agli ambienti, pur cercando ad ogni passo di riportarli nell’alveo di un racconto preesistente. Ma l’impresa è impossibile e ogni elemento, ora impercettibilmente ora sfacciatamente, sfugge, deborda, denuncia la propria indipendenza rispetto al preordinato.

A cominciare da – e finendo con – Giulia, uno dei personaggi più magmatici che il nostro cinema ci abbia regalato. Viene in mente la Monica Vitti di Il deserto rosso di Michelangelo Antonioni, ma la protagonista di De Caro è, se possibile, ancora meno definibile, etichettabile. Quella splendidamente messa in essere da Rosa Palasciano è un’autentica enigmaticità, una complessità talmente profonda e radicata da riuscire ostica se non addirittura respingente. Giulia va oltre ogni regola, non si rifugia nell’ordinario né nell’eccesso, non è buona né cattiva, per lei sono miseramente inadeguati termini quali trasgressione, regressione o progressione: la sua è una “ultra-gressione”, ella c’è e nello stesso tempo è altrove, con quel suo sorriso soffocato (almeno fino alla conclusione del film), le emozioni trattenute, lo sguardo sempre di sbieco, di traverso rispetto a quello del regista. Il quale, inesausto, la pedina constatando ad ogni passo la propria sconfitta.

Rosa Palasciano assieme al produttore Ugo Baistrocchi


Giulia è il cinema nella sua valenza più feconda.

L’ingresso del Nuovo Cinema Aquila