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Sposarsi senza il principe ma per se stesse, la nuova avanguardia nel nome di Rosa

Sposarsi senza il principe ma per se stesse, la nuova avanguardia nel nome di Rosa

“Avere il coraggio di premere il bottone nucleare e fare boom, cambiare radicalmente la propria vita!”. È quello che decide di fare Rosa, una straordinaria Candela Peña, proprio quando sta per compiere 45 anni. Basta vuole mollare tutto: un lavoro estenuante, un fratello ingombrante, un padre troppo presente, una sorella un po’ svampita, una specie di fidanzato e una figlia che credeva di trovare l’amore della sua vita a Manchester ma è finita per separarsi portandosi dietro due gemellini da crescere. Tutto questo per riprendersi la propria vita, prima che sia troppo tardi e per realizzare il sogno che la rincorre spesso: riaprire la vecchia sartoria della madre. Ma, prima, ha deciso di organizzare un matrimonio molto speciale: un matrimonio con sé stessa. Così, senza rivelare a nessuno le proprie intenzioni, Rosa convoca i fratelli e la figlia a Benicasim, il paese di origine della madre, come testimoni del suo “matrimonio” e non tutto fila proprio liscio come lei si era immaginata.

Il matrimonio di Rosa è una commedia spagnola molto piacevole e ben recitata che il 16 settembre esce al cinema nel nostro Paese dopo aver raccolto in patria 8 candidature e vinto 2 premi Goya. Diretta dalla regista María Icíar Bollaín Pérez-Mínguez –  già messasi in mostra con il più incisivo Ti do i miei occhi dove raccontava la piaga della violenza domestica – questa nuova opera mette in scena i conflitti familiari, i fallimenti e i problemi di tutti e, inutile dirlo, le cose non vanno sempre secondo i propri desiderata.

Restando alla protagonista Rosa (ma il film ha ottimi attori ciascuno calato nella sua parte in commedia) quel suo piccolo “evento privato” si trasforma lentamente in un fiume in piena, sempre più travolgente e che inevitabilmente sfugge di mano, tanto che quello che doveva essere un semplice “matrimonio con me stessa” diventa uno spartiacque in grado di scombussolare la vita di tutti i protagonisti.

Sorprende il tocco leggero della regista per un tema, nella cattolicissima Spagna, che è certamente all’avanguardia, quello di voler essere “principesse” senza il principe, anche solo per un giorno. Un fenomeno, dopo le unioni di fatto, destinato ad essere sdoganato anche se, prima ancora che nella penisola iberica, sono state le donne giapponesi a lanciare questa strana moda: il matrimonio in solitaria. Dove la donna sente il bisogno di “impegnarsi” per se stessa: prendersi cura di sé, rispettarsi e, insomma, amarsi, in una cerimonia che prende in prestito tutti gli elementi del matrimonio convenzionale come le promesse, l’abito, l’anello e persino la luna di miele… tranne un piccolo dettaglio: lo sposo, che non è contemplato, perché in questo caso non serve a nulla. Ma dietro questa idea di sposarsi con se stessi, che potrebbe sembrare assurda – infatti il padre di Rosa più convenzionale non capisce il gesto della figlia – c’è in verità un disegno ben preciso che si può riassumere così: per essere rispettati dagli altri bisogna prima rispettare se stessi e che per essere amati bisogna prima amare se stessi.