Ed è proprio così: la seconda parte si lega sì alla prima, ma è molto, molto di più espressiva e concreta perché non si limita ad esporre nudi e bagordi ma entra nell’animo dell’uomo, del mito dall’aspetto buono, quasi della vittima; e lo fa con una delicatezza ed una efficacia alla quale Sorrentino ci ha da tempo abituati con capolavori del tipo “ la grande bellezza “ ed altri.
La descrizione del Silvio uomo complesso è qui perfetta, quasi maniacale, è un uomo che non lascia mai trapelare i suoi veri sentimenti, forse nemmeno i suoi veri istinti: è un uomo che nessuno riesce ancora oggi a comprendere dall’interno ma che con i suoi comportamenti intonacati di bontà lascia trapelare e trasudare: una bontà che, però, Sorrentino non associa alla fama scandalistica che la politica ha ormai cucito addosso all’ex cavaliere.
Ma a fronte di tanti successi in mezzo ad alcune gaffes clamorose, ecco che si avvicina la sua fine con la scena graffiante, impietosa di sua moglie che gli annuncia di voler divorziare, forse la scena clou di tutto il poderoso lavoro sorrentiniano: un momento brutale che inciderà profondamente nell’animo di Silvio: è l’inizio della fine ed il cavaliere comincia a comportarsi, forse per vendetta verso tutto il mondo, in maniera molto ma molto diversa da ciò che fino ad allora era apparso: amici fidati brutalmente accantonati, nemici distrutti come Veronica ha distrutto lui, un insieme di contraddizioni che lo portano a ciò che poi la politica ha completato.
Persone evidenziate nel film e del calibro di Fedele Confalonieri, di Mike Bongiorno, di Mariano Apicella, di Santino Recchia, di Kira vengono introdotti dal regista in forma fittizia e/o per inventare dei personaggi che il regista dichiara di aver introdotto nella storia perché voleva essere libero di inventarli; per esempio “ il Dio “ interpretato da Roberto Herlitzka non è altro che la similitudine dell’inizio della decadenza di Silvio mentre il senatore interpretato da Bentivoglio vuole essere il simbolo del camaleontismo berlusconiano;il cantante – amico Apicella rappresenta, secondo Sorrentino, l’esempio della paura di chi circonda Berlusconi di perdere il contatto con lui.
Quanto alle singole interpretazioni appare inutile descriverle perché i Berlusconi ed i Doris ai quali Servillo dà la figura appaiono inimitabili da qualunque altro attore atteso che la mimica facciale della quale egli dispone è semplicemente unica;