Recensioni Film

THE LEISURE SEEKER di Paolo Virzì in Concorso ufficiale a Venezia 74

Donald Sutherland Helen Mirren

Ella e John Spencer sono un’indissolubile coppia di anziani d’oggi malati, lei nel corpo e lui nella mente, che lo tradisce con vuoti e travisamenti.

Alla volta della casa di Hemingway, scappano da un destino di separazione a bordo del loro camper di quasi mezzo secolo, lui alla guida ché si ricorda bene come si fa. Così come sa recitare alla perfezione interi brani degli autori amati e insegnati nei tanti anni in cui è stato docente. La sua memoria, d’altronde, più che malata pare capricciosa, se è vero che quel che ama e lo fa star bene, lui, lo padroneggia perfettamente. È invece nelle situazioni di stress che prendono in lui il sopravvento la confusione e l’oblio. E così può succedergli di ricordare nitidamente una ex studentessa all’epoca stimata e incontrata per caso dopo anni, ma non i propri due figli. I quali, a casa, assistono ansiosi e impotenti alla fuga dei genitori, di tanto in tanto aggiornati e tranquillizzati dalla madre. È lei l’artefice e la regista del viaggio, pianificato quale ultimo momento di sospensione per riordinare i tasselli (le diapositive) del passato della sua famiglia, ripercorrere luoghi e abitudini e raggiungere, a un passo dalla fine, la sintonia più intensa e disarmata con la propria anima gemella.

Tra un incontro e l’altro – i compagni delle aree di sosta, le cameriere, i balordi, i poliziotti e gli infermieri -, il mondo fuori, ignaro e partecipe, supporta silenziosamente questa coppia tenace al capolinea della propria vita.

Il primo film di Virzì girato interamente in inglese e in America poggia tutto su due muri maestri, gli straordinari interpreti Helen Mirren e Donald Sutherland. Per il resto, riprende la fuga automobilistica di coppia de “La pazza gioia” e si inserisce in un filone sempre più frequentato negli ultimi due decenni, ossia la resistenza alla senilità e al disfacimento del fisico e della memoria-identità agita attraverso imprese estreme, risolutive e senza ritorno (“The Straight Story”, “Una seconda giovinezza”, “Amour”, Remember” ecc.).

Al di là dell’intensa complicità dei protagonisti, l’andamento del racconto è quello tipico del viaggio di sola andata, fatto di un concatenamento di episodi tenui e tutti volti a nutrire l’idea di partenza e a condurre all’inevitabile finale, una conclusione del resto intuibile sin dall’inizio e confermata ad ogni tappa del percorso.

A Venezia, ad ogni buon conto, il pubblico è rimasto conquistato dai due protagonisti e dalla loro piccola, grande odissea, raccontata con l’asciuttezza, l’ironia e la lucidità che contraddistinguono l’intera produzione di Virzì.