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Il 4 e il 5 giugno “2001: ODISSEA NELLO SPAZIO” torna in sala dopo la presentazione a Cannes

Il 4 e il 5 giugno “2001: ODISSEA NELLO SPAZIO” torna in sala dopo la presentazione a Cannes

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2001: Odissea nello Spazio

Il 4 e il 5 giugno “2001: ODISSEA NELLO SPAZIO” torna in sala dopo la presentazione a Cannes. Per celebrarne il mezzo secolo di vita, il capolavoro di Stanley Kubrick “2001: Odissea nello spazio”, proiettato la prima volta a Washington il 2 aprile 1968, tornerà nelle sale italiane il 4 e il 5 giugno distribuito da Warner Bros. Pictures.
Lo scorso 13 aprile, nella sezione Cannes Classics del Festival di Cannes, è avvenuta la proiezione in anteprima mondiale della versione restaurata. Meglio, di una nuova stampa in 70mm ottenuta direttamente dal negativo originale attraverso un procedimento di ricreazione fotochimica. Nessun ritocco, dunque, nessuna intermediazione digitale o interventi in montaggio (la versione 4K Ultra HD con HDR sarà distribuita più avanti, in autunno). Di qui l’eccezionalità dell’evento, che ha permesso al pubblico di vivere l’esperienza di cinquant’anni fa. Un’esperienza che aveva lasciato perplessa la critica, impreparata ad uno spettacolo di questa portata (multimediale e multisensoriale).
Forse, lo era anche il Festival di Cannes di quel movimentato ’68, che non aveva inserito il film nella manifestazione e che ha invece recuperato adesso, dedicandogli una proiezione speciale nella grande sala del Theatre Claude Debussy. La serata è stata introdotta dal Delegato generale del Festival, Thierry Frémaux, e dal supervisore della nuova edizione, il regista Christopher Nolan. Accanto a loro, un terzetto d’eccellenza: Katharina Kubrick, il produttore Jan Harlan (rispettivamente, figlia e cognato del grande regista) e l’attore Keir Dullea (interprete – oggi fresco ottantaduenne – di David Bowman, il protagonista assoluto della seconda parte del film).
Riprendendo il discorso tenuto alla masterclass del giorno precedente in Salle Buñuel, Nolan ha ricordato l’influenza che “2001” ha esercitato sulla sua poetica, fin da quella prima visione, in 70mm, al Leicester Square Theatre di Londra in compagnia del padre. Ci è sufficiente pensare a “Memento” o “Inception” per capire come Nolan abbia ereditato da Kubrick il piacere di giocare con le strutture narrative, infrangendo ed ampliando i piani spaziali e temporali e fondendo la spettacolarità di immagini, suoni e azioni con la profondità della riflessione sulle massime categorie fenomenologiche. Ne consegue che – ha dichiarato Nolan – «l’opportunità di essere coinvolto nel ricreare questa esperienza per le nuove generazioni, introducendo la nuova copia del capolavoro di Kubrick in tutta la sua gloria analogica al Festival di Cannes, è un onore e un privilegio».

Perfetta introduzione al mistero di un’opera indecifrabile è stato l’inizio della proiezione. Con le tende ancora chiuse e quindi senza il supporto delle immagini, abbiamo ascoltato l’apertura musicale. Molti di noi si sono guardati attorno, pensando a un problema tecnico. Ma era semplicemente ciò che prevedeva la versione originale: il quanto mai opportuno disorientamento percettivo prima dello spettacolo delle tre (note) macro-sequenze “L’alba dell’uomo”, “Missione Giove” e “Giove e oltre l’infinito”.

Una “audio-visione” autenticamente “altra” e fondamentale, soprattutto per noi, pubblico ormai assuefatto alla proiezione digitale, piatta e perfetta, variopinta e asettica, (im)mediata e identica a se stessa. La nuova copia analogica di “2001” ha fatto pulsare la sala Debussy, con immagini brillanti eppur velate dal tempo e dalla distanza e un suono avvolgente eppur imperfetto (che, inevitabilmente, un paio di secondi è anche “saltato”). Ecco, all’interno di un’operazione di recupero scrupolosamente condotta, sono state proprio le leggere imperfezioni a impreziosire la visione, a segnalarci la barriera tra noi e “ciò ch’è stato” e a farci al contempo percepire il legame diretto con esso (da nessun algoritmo “inter-mediato”). E così, quella sera, ci siamo potuti specchiare in “2001” mantenendo la vivificante e rispettosa distinzione tra noi e l’oggetto del nostro sguardo.

D’altronde, non è forse l’incontro-confronto con l’alieno, ossia ciò ch’è radicalmente “altro” da noi, la scommessa del capolavoro di Kubrick (non a caso ideato all’alba della nostra avventura spaziale)? Nell’elegante press book distribuito in sala si legge: «Perché tali incontri non si sono già verificati? [Il film ] offre una possibile risposta a questa legittima domanda. Ma, ricordate, si tratta soltanto di un’opera di finzione. La verità, come sempre, sarà molto più sorprendente».