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“Assolo” la seconda volta di Laura Morante. Donne, smettiamola di essere oggetti

Laura Morante "Assolo"
Laura Morante "Assolo"
Laura Morante “Assolo”

ASSOLO, LA SECONDA VOLTA DI LAURA MORANTE
DONNE, SMETTIAMOLA DI ESSERE OGGETTI!
Ha esordito per la prima volta come regista con “ Ciliegine “ ed ora torna alla regia con questo lavoro che ha dell’onirico e che rasenta il parapsicologico con le terribili sedute dalla psicoanalista che proprio per quelle sedute riuscirà, proprio lei addetta ai lavori, a capire che il mondo è popolato di persone imperfette come Flavia, la protagonista, donna al giro di boa dei cinquant’anni in crisi esistenziale perché costretta ad affrontare, dopo due matrimoni falliti, una vita da single ed in cerca di autostima in un’atmosfera mista di realtà ed immaginazione, sia vissute che immaginate.
Flavia è malata di insicurezza, una insicurezza congenita e che la rende dipendente, in maniera pesante, dal mondo che la circonda e che non riesce a controllare: l’unico essere che sa donarle affetto, perché interessata, è una cagnetta alla quale affida tutta la sua debolissima personalità.

Assolo di Laura Morante
Assolo di Laura Morante

Il film, che uscirà nelle sale il 5 gennaio prossimo, sembra ispirato a concetti di tipo Nanni Moretti ma in effetti si dipana tra sogni, incubi e grandi incertezze che dominano la scena in maniera assillante, con la psicoanalista antipatica che ti fa dedurre subito che la sua opera non potrà raggiungere il traguardo che la povera Flavia si prefigge, anzi; un gioco a nascondino perché Laura Morante donna e regista si dichiara in disaccordo con la sua epoca fatta di realtà crude, lei che ama l’immaginazione e la visionarietà.
Quella di Flavia è una vita, per sua stessa ammissione, che lei vorrebbe vivere in un ambiente fantastico, a Paperopoli, dove non esistono genitori che non dialogano con i figli o mariti che l’hanno delusa e che anch’essi sono rimasti delusi dalla sua fragilità, al punto che uno dei due arriva a confidarsi con l’altro per riflettere su una frase terribile “ può una donna che non si ama essere amata? “, una donna incapace di vivere la solitudine nella quale è precipitata, circondata da personaggi che attendono da lei soltanto una forma di piacere erotico che ella non riesce più a dare, ricorrendo, da parte sua, in maniera quasi comica, all’autoerotismo e con un’amica, anch’essa abbandonata dal marito del quale è però ancora gelosa, o da un collega di lavoro che la circuisce solo per andare a letto con lei ( un istrionico Marco Giallini ). Altri personaggi, peraltro molto ben interpretati, sono quelli dei due ex mariti ( rispettivamente Francesco Pannofino e Gigio Alberti ), dell’amica abbandonata dal marito ( Angela Finocchiaro ) della collega di lavoro, una massaggiatrice, interpretata da Donatella Finocchiaro ) e del simpatico, paterno istruttore di guida Antonello Fassari il quale cerca di aiutarla a riuscire in una impresa per lei disperata: riuscire a prendere la patente di guida, un’impresa che denota tutta la sua incapacità pratica di combinare qualcosa.
Il funerale di Flavia,che apre il film, è tutto un programma rivelatore della cattiveria degli umani sentimenti: quelli dei due ex mariti che ridono deridendo addirittura il ricordo di lei, loro dai quali ha avuto due figli che, pure, non l’hanno mai compresa e quelli delle amiche e mogli dei suoi ex mariti, che plaudono allegoricamente in un contesto nel quale si rileva lo spirito, l’assolo, di Flavia.
Per concludere, la pellicola, un’opera coraggiosa che vuole essere una esortazione per le donne insicure, seppure piena di richiami tecnicamente apprezzabili, non si concretizza in un bel film ma in un film cervellotico che narra una storia quasi impossibile, un film difficile, anche dal punto di vista della sua realizzazione ( come ha dichiarato la regista ); la regia, il testo e la sceneggiatura, della stessa Laura Morante appaiono, invece, del tutto apprezzabili in quanto in grado di evidenziare ed esaltare particolari sottili ed onirici in una atmosfera pesante poco adatta al nostro modo di fare cinema attraverso elaborazioni ideologiche ed elucubrazioni mentali degne di nota e comunque tali da essere valutate come veramente coraggiose e plausibili di ulteriori sviluppi.
In buona sostanza, se è lecito il paragone con la sua prima esperienza da regista, Laura definisce questo film non come complementare o come la continuazione del suo primo ma definisce i personaggi, sempre due donne protagoniste da lei stessa interpretate, come anime antitetiche una all’altra che in concreto vogliono significare che “ la donna non deve arrivare al punto di preoccuparsi se deve ancora destare o meno l’attenzione dell’uomo, deve invece vivere serenamente sapendo che attraenti lo si è sempre, anche dopo aver effettuato il fatidico giro di boa dei cinquanta anni “.