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Fino a qui tutto bene: manca di originalità

FIN QUI TUTTO BENE  di Roan Johnson.  Recensione di MK . Ennesimo film italiano che descrive la condizione attuale dei giovani, disoccupazione, rapporti difficili, insicurezza del domani,  sono i soliti messaggi di cui  ci bombarda la TV tutti i giorni.  Magari al cinema vorremmo vedere che i giovani vanno oltre la loro condizione, che cercano nuove strade, ma non succede quasi mai. I film a basso costo che in Italia si fanno sono per forza di cose di natura sociale, attualità giocata su qualche canovaccio di storia vista e rivista, come il figlio non voluto o un rapporto che si  rompe perché uno dei due va a lavorare all’estero. Dove sta il bagaglio visionario dei grandi registi italiani del passato. Purtroppo o vediamo commedie di costume più o meno divertenti, spesso volgari, oppure storie d’amore vissute male, o temi sociali triti e ritriti. Il film ha vinto il premio del pubblico  Cinema fiction al festival di Roma:  forse il pubblico italiano  ha bisogno di riconoscersi nei propri fallimenti, piuttosto che cercare di osare e cercare nuove strade.

Si può dire che un film del genere racconta le vicissitudini di  ex studenti in crisi di identità, ma non va oltre una fotocopia di film di genere già visti. Il finale è poi così privo di senso che viene da chiedersi  come vengono scritte le sceneggiature, forse ignorando che si scrivono proprio  dal finale come nei thriller? No questo è il solito guardarsi allo specchio per non fare altro che compiangersi e lamentarsi senza fare nessuno sforzo di fantasia, senza un sogno. Il titolo poi vorrebbe far intendere che non c’è ancora il peggio, ma solo perché si è ancora giovani e si può ancora sperare, ma non basta.