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L’intervista esclusiva ad Antonio Logli, a Quarto Grado: ecco alcune anticipazioni.

Antonio Logli a Quarto Grado
Antonio Logli a Quarto Grado

L’intervista esclusiva ad Antonio Logli, a Quarto Grado: ecco alcune anticipazioni.

Domanda: «Che cosa ti ha fatto più male in tutta questa vicenda?»

Risposta: «Mah, dire che cosa mi ha fatto più male… il dolore che ho provato e provo è lancinante. Un dolore di una persona che sa di non aver fatto niente e si vede crollare tutto il mondo addosso. E la cosa che forse mi fa più male. Anzi… ciò che mi fa più male è il fatto che non si sa dov’è Roberta. Questa è la cosa che non ci va giù perché… non so che cosa sia successo… di certo so, perché l’ho letto sulle carte, che l’ha vista uscire Filippo Campisi. E, io dico, se lei è uscita qualcosa dev’essere successo, però non sappiamo che cosa le è successo… e questa è una cosa che ci spaventa. È la cosa che ci fa più male perché, poi, tutto il resto – bene o male – giorno dopo giorno si supera… come le malattie. Ma questa mancanza è incolmabile per tutti, ti dico la verità…».

D: «Com’erano i vostri rapporti prima di quella sera?»

R: «I nostri rapporti sono sempre stati tranquilli, come ho sempre detto. È un dato oggettivo: è vero che l’ho tradita con un’altra donna, non lo posso nascondere. Però il nostro rapporto era un rapporto fra persone mature, grandi… non c’era e non c’è mai stato nessun litigio. Se dei litigi… ma non si possono nemmeno chiamare tali… motivi di discordia erano i ragazzi. Naturalmente abbiamo due caratteri diversi: lei troppo permissiva e io l’opposto. Ora, tra l’altro, i miei figli hanno visto che non sono così… scusate, mi emoziono… non sono la persona che conoscevano prima. Perché, naturalmente, non essendoci Roberta, in questo momento sono costretto a ricoprire tutti e due i ruoli. Quindi devo, naturalmente, concedere».

D: «Com’è stato diventare da padre a dover fare da tutti e due i genitori per i tuoi figli?»

R: «È stata una cosa automatica, perché quando vuoi bene… il bene, l’amore sono illimitati, non ti crei nessun freno, nessun blocco, quindi fai quello che ti senti…».

D: «I tuoi figli credono in te».

R: «Loro lo sanno che sono innocente… Voglio dire: sono sempre stati in casa con noi… non c’è mai stato niente che possa far pensare che ci sia stato qualcosa di male. Per noi Roberta è viva perché nessuno di noi le ha fatto niente. Quindi per noi è impossibile che lei sia morta.

Tra l’altro i parenti di mia moglie… non riesco a capire come possano pensare che abbia fatto qualcosa di male a Roberta… È una cosa che mi fa stare male. Infatti tempo fa avevo cercato di parlare con Carlo Ragusa, perché per me oltre che – diciamo – un cugino, era anche come un fratello: quando ho avuto delle difficoltà ho chiamato subito lui. E mi dispiace tantissimo che possa pensare questo. Mi farebbe piacere poterlo incontrare per potergli dire come stanno le cose. Questo sì, mi dispiace molto.

Forse ho sbagliato anch’io, magari avrei potuto fare una telefonata in più. Mia madre un giorno mi ha detto: “Sai… è venuto Carlo e ha detto: Ma come mai non l’hanno ancora arrestato Antonio? Sarà perché non ha fatto niente”. Questa cosa mi ha ferito».

D: «Tu hai voluto tagliare i ponti con i familiari di Roberta, oppure no?»

R: «Assolutamente no. Se loro vogliono, sono disposto a incontrarli anche domani.

Tornando a Carlo, che chiamava spesso mio figlio, e mio figlio più di una volta gli ha detto: “Guarda che mio padre non ha fatto niente di quello che dici”… alla fine non gli ha più risposto. Forse questo muro che loro dicevano, pensavano l’avessi creato io, ma in realtà mio figlio mi ha confermato pochi giorni fa che lui non gli ha più risposto perché non aveva più voglia di dirgli che sbagliavano… ma loro non volevano sentire ragioni.

Mi ricordo che tutto è cambiato dal momento in cui il procuratore andò in televisione e disse che io avevo ucciso Roberta: da quel momento tutte le persone hanno cambiato atteggiamento… mi hanno considerato un assassino».

D: «Tu da sempre hai detto “non sono stato io”. Hai mai fatto del male a tua moglie?»

R: «No, non ho mai fatto male a nessuno, tantomeno a Roberta. Questo lo posso garantire sul bene più prezioso: i miei figli. Non ho mai fatto del male a nessuno. Anzi. Tempo fa parlavo con Daniele… in casa abbiamo avuto un topolino che non riuscivo a prenderlo. Ci ha danneggiato il cibo: in casa ha fatto un macello. Un giorno è rimasto incollato su una tavoletta e mi ha detto: “Babbo, ammazzalo”… ed io: “No, fallo te”, ma non ci è riuscito. Come fai a far del male a una bestiolina? Come fai a far del male a una persona? Alla madre dei tuoi figli? È impossibile. È quello che vorrei che capissero: che non è possibile far del male a una persona. Almeno io non ne sono capace».

Domanda: «Com’era il rapporto tra Roberta e Sara?» (Sara Calzolaio, amante e attuale compagna dell’uomo, ndr)

Risposta: «Un rapporto di lavoro e di amicizia».

D: «Sara cosa dice di Roberta?»

R: «Si chiede continuamente dov’è, cosa sia successo. È un disco rotto… questa domanda ricorre in continuazione».

D: «Ha mai messo in dubbio la tua parola, Antonio?»

R: «No, anche perché mi conosce, sa benissimo… Poi, per esempio, è stato detto che non è vero che abbiamo fatto una telefonata ma in realtà tre. E allora, guarda, questa è un’occasione per dirtelo: succedeva spesso e volentieri, quando la chiamavo, che cascasse la linea e io richiamavo. Se uno fa delle telefonate lunghe succede… te richiami, ma non è un’altra telefonata… è il continuo della stessa».

D: «Secondo te non è possibile che, finché tu parlavi, Roberta ti abbia sentito?»

R: «No. E ti spiego anche perché: diversi mesi prima, parlando al telefono con Sara, Roberta mi sentì… non ricordo cosa stessi dicendo, una parola che poteva dare adito a qualcosa. Lei mi disse: “Ma parlavi con una?”. E io: “No, parlavo con un mio amico dell’Elba”. La cosa finì lì… però a lei venne il dubbio che avessi un’altra persona. Infatti pensava che fosse una ragazza di un’altra autoscuola. Da quel momento lì, quando parlavo al telefono, avevo un televisore in soffitta e lo tenevo acceso con gli altoparlanti allo sbocco della scala. Per cui era impossibile sentire se uno conversava, perché tra l’altro la soffitta è molto lunga ed era praticamente impossibile. Quindi, che lei quella sera abbia sentito che parlavo con Sara non è possibile».

D: «C’è Sara che in un’intercettazione dice: “Quante volte ti ho chiesto di divorziare”. Perché tu poi non la lasciavi, Roberta?»

R: «Questo forse l’avevo detto anche a Sara: “Quando cresceranno i ragazzi faremo questo passo”. Non era il momento opportuno per far questa cosa perché secondo me la cosa avrebbe destabilizzato i miei figli».

D: «Uno degli indizi contro di te è che chiedi a Sara di distruggere i cellulari dedicati a voi. Perché lo fai? Avevi paura di un divorzio?»

R: «Avevo paura che venisse Roberta e sapesse che stavamo insieme io e Sara. Niente di più e niente di meno. Se avessi saputo che Roberta non c’era, qual era il motivo di far distruggere i cellulari? Non c’era motivo, nessuno sarebbe venuto a conoscenza… O comunque, anche se l’avessero saputo, che male c’era? Siccome il problema è che sono sposato e quindi, se Roberta lo avesse saputo, sicuramente non avrei preso 10… ecco».

D: «Perché hai deciso di portare Sara nella casa di Roberta? Non era forse meglio darle un’altra sistemazione?»

R: «Ti dico la verità: ero in grosse difficoltà. Due ragazzi, la scuola, la casa. I miei genitori mi hanno aiutato: mangiavo da loro. A volte mi sono messo io a far da mangiare e, credimi, faccio proprio schifo. Mi prendono in giro ancora, perché feci delle frittate… e per questa cosa mi prendono in giro continuamente. E, oggettivamente, Sara veniva ad aiutarci, questo sì, ma non si è trasferita da noi. Poi, dopo tutti questi articoli che erano stati scritti che dicevano che lei si era trasferita, dissi: “A questo punto… tanto lo dicono”. E allora si è trasferita da noi. Ma tutto questo, dopo un anno. Non come dicevano loro, dopo tre giorni. E poi, ti ripeto, non l’avrei fatto se non l’avessero scritto da tutte le parti… d’altra parte mi hanno condannato e dato che mi hanno condannato almeno ho un aiuto, ecco».

D: «Beh, però ci sarà stato anche che l’amavi…».

R: «Ma l’amavo e la amo sicuramente ancora. Ma al di là del fatto che uno possa amare o meno una persona, la può amare anche se abita da un’altra parte… non è necessario che abiti in un certo posto per amarla».

D: «E non pensavi che questo potesse creare anche un problema a te? Il fatto che ti mettevi in casa un’amante, quando tua moglie non c’era più? Magari Roberta poteva tornare… come lo gestivi?»

R: «Eh… da quel punto di vista non ho capito perché lei se ne fosse andata. Perché, oggettivamente, mettiti nei miei panni: non so dov’è e se non se ne voleva andare… tutto torna lì: al fatto che nessuno di noi le ha fatto del male. Quindi, secondo noi, lei è viva ed è da qualche parte…».

D: «Quindi ad oggi, se Roberta tornasse, che cosa succederebbe in casa vostra?»

R: «Ma sicuramente sarebbe una gioia immensa. Si ricomincerebbe a vivere. Il problema di Sara sarebbe irrisorio, perché una soluzione si trova a tutto».

Io sono innocente. Non ho mai fatto del male a nessuno. L’ho già detto e lo ripeto all’infinito. Tantomeno a Roberta. Ammazzatemi perché l’ho tradita, quello sì, ma del male non le ho mai fatto».

D: «Quando la pensi, che cosa ti viene in mente?»

R: «Eh, cosa mi viene in mente… le chiedo continuamente di tornare, perché non sai che peso… Mi hanno dato questa misura cautelare, che devo stare in casa dalle ore tot alle ore tot nei comuni di Pisa e San Giuliano, e mi dispiace non poter portare i miei figli a mangiare. Mi viene da piangere perché me lo chiedono spesso: un fast food, un hamburger… E faccio: “Poi ci andremo, poi ci andremo”. Sembra una scemata, ma non è una vita questa qua. È una vita vissuta così, a mezz’aria. Devo far vedere che son forte, ma in realtà non sono più forte. Non ce la faccio più».

Domanda: «Ti sarai chiesto un milione di volte e te lo chiederai anche oggi dove sia Roberta. Ti sei fatto qualche idea, hai pensato qualcosa?»

Risposta: «Ho pensato tantissime cose, dal fatto che una possa essere uscita a buttare l’immondizia e l’abbiano rapita, ma la preoccupazione più grande è che possa essere segregata da qualche parte. Ecco… questo è il pensiero che mi fa più paura. Perché se lei è da qualche parte e sta bene, io sono contento e spero che sia così».

D: «Voi, in casa, parlate di Roberta?»

R: «Spessissimo… è uno dei pensieri ricorrenti, la preoccupazione di sapere dove sia Roberta. Sempre. È una preoccupazione continua».

D: «E cosa vi dite?»  

R: «Eh, cosa ci diciamo… si parla in astratto di quello che può essere successo. Si fanno mille ipotesi, ma poi non si arriva a niente».

D: «Com’è vivere senza di lei?»

R: «Da quando è scomparsa, praticamente non si vive più. Si sopravvive. Si va avanti giorno per giorno. Cerco di parare tutte le difficoltà che possono incontrare i miei figli e, credimi, ce ne sono capitate di cotte e di crude, e si va avanti. È dura, comunque».

D: «Quali sono stati in questi sei anni i giorni più tristi?»

R: «Tutti, dal primo all’ultimo. La sofferenza è talmente grande, al di là di condanna o proscioglimento… e anche quando sono stato prosciolto è stato un giorno terribile. Sapevo che sarei stato prosciolto perché non ho fatto niente, però il problema è la mancanza di Roberta».

D: «Hai più speranza o più paura per il tuo futuro?»

R: «Ho speranza, paura no… quando uno non ha fatto niente… Credo fortemente nella giustizia e la verità deve venir fuori. Lo ripeto continuamente. E tra l’altro, l’ho detto tante volte anche al mio avvocato, io sono il primo attore ma mi sembra di essere un turista perché io non c’entro nulla in questa storia. Me ne dimentico spesso perché non riesco a capire perché mi trovo qui… Capito?»

D: «In questi anni come li hai consolati i tuoi figli?»

R: «Non lo so nemmeno come li ho consolati. Ho fatto quello che mi veniva in quel momento. Li ho abbracciati, li ho coccolati, quando veniva a me di farlo e quando ritenevo che loro ne avessero bisogno».

D: «Oggi sono dei ragazzi forti?»

R: «Sono eccezionali… veramente. Eccezionali».

D: «Tutta la pressione che hai avuto, come hai fatto a reggerla?»

R: «Ritengo di essere fortunato, per il fatto che ho un carattere forte e ho superato sempre tutte le difficoltà. Non ti nascondo che ultimamente sono… assai giù. Non te lo nascondo. Sono demoralizzato, specialmente quando ho visto mio figlio in Aula piangere: è stato terribile per me. Più della conferma della condanna… Vedere soffrire un figlio per una cosa che non esiste, è una cosa terribile. Senza poi dimenticare che mia figlia, naturalmente, a casa, soffriva come il fratello, perché anche lei avrebbe voluto essere lì con me».