In mostra a Roma opere di Julio Le Parc, l’artista che ha rivoluzionato l’arte cinetica
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Inaugura venerdi 26 gennaio all’interno dei prestigiosi spazi dell’hotel St. regis Roma, in Via Vittorio Emanuele Orlando 3 a Roma, e vi resterà fino al 10 marzo 2024, a cura di Galleria Continua, una nuova mostra personale di Julio Le Parc, intitolata “Melodia”.
Figura di spicco della scena artistica contemporanea internazionale, Julio Le Parc, nato a Mendoza, in Argentina, nel 1928, ha rivoluzionato l’arte cinetica e l’Op Art, oltre a essere un fermo difensore dei diritti umani. Nel 1958 si stabilì definitivamente in Francia, abbandonando i movimenti dell’Arte Concreta e del Costruttivismo per sviluppare il proprio approccio. Eliminò ogni segno di interferenza manuale nel suo lavoro e creò una propria gamma di 14 colori, utilizzandoli puri e senza sfumature, combinandoli tra loro per ottenere il più ampio spettro cromatico possibile. La sua sperimentazione con materiale, colore e luce, insieme alla sua attenzione per lo spettatore, lo distinguono come artista e lo collocano come punto di riferimento fondamentale per molti artisti contemporanei.
Al centro della pratica artistica di Le Parc il desiderio di sperimentare come gli spettatori interagiscono e percepiscono l’arte, ridefinendo così la comprensione dei ruoli dell’artista e dello spettatore. Nella sua mostra romana egli esplora il significato dello sguardo e del movimento degli spettatori, coinvolgendoli fisicamente attraverso le sue opere mobili, i dipinti e le opere che utilizzano, fin dal 1959, la luce come materiale principale da quando cioé iniziò le sue prime sperimentazioni con la luce inserendola in piccole scatole prima di replicare, moltiplicare e combinare le onde luminose tramite l’uso di lastre di plexiglass, prismi, quadrati e cerchi, utilizzando la scala dei 14 colori che aveva sviluppato alla fine degli anni ‘50.
Il risultato di queste sperimentazioni fu il distacco dell’artista dall’opera d’arte come qualcosa di fisso e stabile, l’assenza di simboli o rappresentazioni figurative e il passaggio a opere d’arte in continua evoluzione.Questo approccio sfidava le nozioni tradizionali secondo cui l’arte e ciò che essa rappresenta sono gli elementi più importanti di un’opera. L’intenzione di Le Parc era ed è quella di decostruire queste convenzioni e, attraverso l’uso di luce, specchi e motori, di mettere lo spettatore al centro dell’esperienza.
In mostra anche una serie di dipinti intitolati “Modulations”, completati negli anni ’80 e altra conseguenza dell’esperimento desiderato dall’artista quando nel 1976 manifestò la consapevolezza della “discontinuità” degli stili nel suo lavoro, affermando di non essersi mai definito un pittore cinetico, ma che tutto ciò che faceva di nuovo o diverso portava con sé una sorta di memoria di ciò che aveva già realizzato. Una parsimonia di mezzi è sempre stata presente nelle sue opere, il risultato è che le sue creazioni non sono un accumulo di elementi, ma una serie di componenti che interagiscono tra loro, creando un paesaggio ricco di forme e colori che generano tensione tra di loro. Per ottenere questo risultato, gli elementi del dipinto devono essere il più piccoli e anonimi possibile, il che significa che l’interesse dello spettatore si basa su un piano intermedio tra lo spettatore stesso e il dipinto. Una presenza immateriale fluttua quindi a pochi centimetri dal dipinto, o dietro di esso, in un mondo da scoprire.
All’inizio degli anni ‘60, Julio Le Parc iniziò inoltre ad esplorare elementi mobili manipolando forme attraverso la trasmissione di luce: la serie “Continuel Mobile” affronta molte domande diverse, come il movimento, l’instabilità e la probabilità, oltre a fattori e influenze esterne all’opera stessa: “SphèreNoire” è composta da quadrati neri lucidi attaccati a fili di nylon trasparente e sospesi da una struttura di legno. I fili di nylon pendono da un unico punto, muovendosi liberamente in base a come l’aria si muove intorno alla stanza, generando incredibili effetti ottici e frammentando le immagini circostanti. Il movimento costante dell’opera è parte essenziale della sua concezione ed esistenza. L’opera non è un oggetto fisso e stabile, ma un mobile mutevole e imprevedibile che dipende dallo spettatore per raggiungere il suo pieno potenziale cromatico e geometrico.
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