Home Cinema La quattordicesima domenica del tempo ordinario: Pupi Avati si racconta

La quattordicesima domenica del tempo ordinario: Pupi Avati si racconta

E’ un Pupi Avati talmente umano che quasi non ci si crederebbe che ha voluto mettere mano ad un film che parla particolarmente di lui.

Siamo nella Bologna anni ’70 e tre amici si stanno formando alla vita partendo dalle loro aspirazioni di adolescenti: Marzio e Samuele incidono quella che è e resterà la loro unica canzone ( peraltro senza successo ) e Sandra è tutta dedita a raggiungere il mondo della moda ed i loro percorsi si incrociano e si riallacciano con lo scorrere del tempo quando Samuele è diventato un apprezzato dirigente bancario, Marzio non ce l’ha fatta né a ricostituire il gruppo musicale con Samuele ma intanto ha sposato Sandra, che lui definisce la più bella ragazza della città.

E’ proprio Avati che presenta questa sua ennesima opera come fondamentalmente riferita ad una sorta di autobiografia della sua vita, una vita che da adulto ha iniziato con Sandra, impalmata nel quattordicesimo giorno del tempo ordinario dell’anno liturgico della Chiesa cattolica ( un periodo che inizia con il Mercoledì delle Ceneri, riprende dopo la solennità di Pentecoste ed arriva, per una durata complessiva di trentaquattro settimane, fino all’Avvento ); ed, aggiunge Avati, il film è la storia di un fallimento umano, economico, di aspirazioni, anche se nel finale di questo veramente molto accattivante lavoro, la speranza sembra tornare a riaccendersi nei cuori dei due coniugi che nel frattempo avevano avuto modo di separarsi ( ma a questo punto la vita di Avati e la storia raccontata divergono per entrare nel vivo del racconto ).

Ci è sembrato un Pupi Avati un tantino diverso, un regista che ha voluto raccontare come, nel corso della vita umana, i sogni e le realtà non coincidano fino ad arrivare a deludere i protagonisti delle grandi avventure all’interno delle quali inevitabilmente andiamo a cacciarci, ma che comunque restano sempre spazi per un recupero; e lo ha fatto imprimendo alla pellicola una serie di impulsi avvincenti che la rendono molto seguibile, molto interpretabile, molto bella con la sua interessane fotografia, con l’ambientazione azzeccata ed in grado di far vivere allo spettatore quei ricordi che scaturiscono dalla mente del regista che in tal modo riesce a trasmettere coinvolgendolo nei suoi stessi ricordi.

Quanto ai protagonisti il nutrito cast vanta un ottimo Gabriele Lavia nei panni di Marzio ( che nell’età giovane è interpretato da un bravissimo e convincente Lodo Guenzi ), da un enigmatico Massimo Lopez, Samuele ( che da giovane è interpretato da Nick Russo, flemmatico ed ambiguo ), e da una veramente eccezionale Camilla Ciraolo bella proprio come dice Pupi Avati ricordando sua moglie; la giovane attrice comasca interpreta, in parallelo con la intramontabile Edvige Fenech, la parte della donna le cui ambizioni e le cui speranze, come d’altronde quelle di Marzio, falliscono pur lasciando intravedere un barlume di possibile futura non irrealizzabile felicità.