ARTE ANTEPRIME FILM CINE&TURISMO CINEMA INTERVISTE LIBERAMENTE LIBRI LO SAPEVATE CHE... MODA E TENDENZE MUSICA NEWS RECENSIONI FILM RECENSIONI SR E JR RUBRICHE TEATRO TV
Caricamento in corso

LIQUIRIZIA, TRE SECOLI DI STORIA: L’ORO NERO DI ROSSANO IN MOSTRA NEL MUSEO AMARELLI

LIQUIRIZIA, TRE SECOLI DI STORIA: L’ORO NERO DI ROSSANO IN MOSTRA NEL MUSEO AMARELLI

Condividi questo articolo:

Nero come il petrolio. È la risorsa principe di Rossano calabro: la liquirizia. Estrapolata da radici di una pianta “maledetta” ma che a questa terra ha dato molto al punto da essere proiettata nel mondo grazie all’ imprenditorialità della famiglia Amarelli che dal 1731 lavora questa radice. Una storia lunga tre secoli che è possibile ammirare anche nel Museo, l’unico al mondo, che racconta l’avventura della liquirizia fino ai nostri giorni.

Un piccolo museo ricavato nel Palazzo quattrocentesco della famiglia Amarelli, un tempo latifondisti, oggi imprenditori impegnati attraverso le nuove tecnologie a portare avanti sulle strade del mondo la cultura legata alla liquirizia. Certo un tempo tutto era diverso e nel museo, intitolato alla memoria di Giorgio Amarelli, si può ripercorrere l’intera fase di produzione di questa strana radice che cresce solo nella costa jonica della Calabria. Radici che venivano messe a bollire all’interno di grandi tini in muratura per ottenerne un succo che poi veniva filtrato attraverso un colino in legno intrecciato prendendone la parte più fibrosa che, a sua volta, veniva fatta bollire a fuoco fin quando il liquido non diventava solido e duro come una pietra. Che poi era la liquirizia pura, come piaceva agli inglesi, primi veri estimatori di questo oro nero calabro.

Una liquirizia di qualità alta, totalmente naturale, senza additivi o dolcificanti pronta per essere confezionata nelle scatolette metalliche che riproducono antiche immagini tratte dagli archivi della Casa, passando dal semplice bastoncino di legno grezzo, le liquirizie dal profumo naturale o con aggiunta di aroma di anice o di menta, a quelle gommose profumate all’arancia e alla viola ed infine la serie dei prodotti di liquirizia confettata, dal classico “bianconero” al ricercatissimo “sassolino dello Jonio”. Fino ad arrivare ai nostri giorni con la produzione allargata a al liquore, la birra, la grappa, il cioccolato, i biscotti, i torroncini, i tagliolini, il sale, sempre alla liquirizia e, infine, l’acqua di colonia e perfino lo shampoo-doccia.

Il Museo racconta tutto questo grazie a delle visite guidate ad hoc in cui il visitatore si lascia trasportare nel tempo attraverso incisioni, documenti, libri, foto d’epoca ma anche attrezzi agricoli, oggetti quotidiani e abiti antichi. Un Museo che racconta la vita di questa famiglia che ha saputo valorizzare i rami sotterranei delle piante di liquirizia che per gli agricoltori dell’epoca “erano maledette”, quasi “demoniache” perché potevano infestare il raccolto ma che invece si sono trasformate in una risorsa preziosa che ancora oggi è fonte d’ispirazione per nuovi prodotti artigianali a base di liquirizia.

Commento all'articolo