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Lisa Paternoste racconta il suo ultimo romanzo “Le radici del tempo”

Lisa Paternoste racconta il suo ultimo romanzo “Le radici del tempo”

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In occasione dell’uscita del romanzo Le radici del tempo abbiamo avuto il piacere di incontrare l’autrice Lisa Paternoste per parlarne insieme. La scrittrice che ha già esordito col romanzo “Acquamarina” (2021), torna questa volta con una storia molto coinvolgente che tocca, tra gli altri, temi fondamentali quali il viaggio, la figura della donna, le culture e le loro profonde radici, ma soprattutto, l’immenso valore dell’alterità. Lo raccontiamo in questa intervista.

La figura della donna riveste un ruolo centrale in questo libro. È coraggiosa e portatrice di cambiamenti. A chi ti sei ispirata nella caratterizzazione dei personaggi femminili? Il libro è dedicato in primis a tutte le donne che fanno parte della mia vita, che incontro, o di cui sento parlare, e ognuna nella sua diversità e unicità è fonte di ispirazione per me. Prime fra loro ho citato nella mia dedica tre figure cardine per la mia formazione come donna e sono, mia madre, la quale mi ha insegnato ad impegnarmi ad ottenere la mia indipendenza come donna, a non farmi frenare dalle convenzioni sociali ma pretendere sempre ciò che desideravo per me stessa come individuo: forse da ragazza non comprendevo appieno il messaggio che voleva darmi, ma ora lo leggo chiaro e gliene sarò sempre grata. Mia nonna Maria, che mi ha dato l’esempio di una forza straordinaria tra mille difficoltà vissute che non l’hanno mai messa al tappeto, energia moltiplicata da una generosità infinita verso il prossimo… sono questi due per me i mezzi più potenti della vera libertà di pensiero. Infine ad una mia amica che è scomparsa troppo presto perché io potessi farle capire cosa ha significato per me, e scrivere il suo nome nella dedica serve a lenire forse un po’ le parole non dette.

Leggendo la storia si rimane colpiti dai tanti valori che trasmette e della talvolta possibile convivenza tra culture diverse in nome dell’amicizia e della sete di conoscenza. È un tuo auspicio? Nella mia vita quotidiana mi trovo a collaborare e conoscere persone provenienti da culture diverse, e sono sempre alla ricerca di chiavi di lettura comuni, e molto spesso (e non è più una sorpresa per me) le trovo. C’è sempre un qualcosa che ci accomuna fra popoli, che sia una tradizione, un detto popolare o una credenza secolare: questo bisognerebbe rafforzare invece che esaltare le diversità e farle diventare incompatibilità. La diversità è una ricchezza, ma lo è anche riconoscere che siamo parti di radici comuni in un modo o nell’altro, e questo è uno dei messaggi che spero venga colto nel mio romanzo. La conoscenza e soprattutto la curiosità della conoscenza sono fondamentali e cerco di insegnarlo ai miei figli ogni giorno.

Il tema del viaggio è centrale e ambivalente. Ci spieghi il significato che ha avuto per te nella scrittura del libro? Il viaggio è un tema fondamentale per me per andare alla scoperta della conoscenza. Ne Le Radici del Tempo assume due connotazioni chiave: nelle parti storiche il viaggio rappresenta la fuga per trovare la libertà: in alcuni casi la libertà di poter vivere, e lo vediamo anche oggi in tanti scenari di guerra o di povertà che ancora affliggono questo mondo – o dovrei dire che l’umanità infligge a sé stessa. Nelle parti contemporanee il viaggio è ricerca, ricerca di identità, di radici familiari e infine – forse soprattutto – ricerca di sé stessa da parte di una delle protagoniste.

Storie di popoli, religioni e ricostruzioni ambientali del passato. Come sei riuscita a cimentarti con la descrizione di periodi così lontani tra loro? Man a mano che la trama si svolgeva davanti a me, l’incastro fra i personaggi fittizi e quelli storici si componeva in maniera naturale: non saprei spiegare come ma sembrava che la storia reale volgesse a favore dell’intreccio fittizio che si veniva a creare, soprattutto nella parte della Granada del sultanato, è stata una magia perché era come se dovesse scriversi proprio così… e ho lasciato che la penna scorresse dove voleva.

 

Foto di Federico Guberti

Il lavoro di ricerca e documentazione ti ha preso molto tempo? È una tua passione? La ricerca ha preso molto tempo soprattutto perché su quei periodi, o su alcuni personaggi che si incontrano, la storiografia non ha dato molto contributo, quindi ho dovuto svolgere un lavoro incrociato sulle fonti a disposizione, e ciò che non è stato documentato è stato creato dalla mia fantasia, ma nel massimo rispetto di quello che si sa. La storia è da sempre una mia passione, con questo libro ho senz’altro esplorato periodi o fatti che negli studi regolari sono affrontati marginalmente o del tutto ignorati, quindi è stato molto entusiasmante.

Stai già lavorando al prossimo libro? Di che genere sarà? Sono già a metà del mio prossimo libro, di genere nuovo per me perché ricostruisco in chiave romanzata la biografia di un amico. Ha avuto una vita che merita di essere raccontata e spero che sarò in grado di trasferirla ai lettori con il giusto rispetto.

 

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