The Conjuring: il rito finale – un epilogo tra attese e delusioni.
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La saga dei coniugi Ed e Lorraine Warren giunge al suo epilogo. A firmare questo ultimo capitolo è ancora una volta Michael Chaves, già subentrato a James Wan nel terzo film, che si assume il compito di guidare i celebri ricercatori del paranormale verso la conclusione della loro parentesi cinematografica.
L’indagine proposta, annunciata come “devastante” e la più pericolosa mai affrontata dalla coppia, ruota intorno a un semplice specchio da terra che cela, in realtà, la presenza di un demone potentissimo. Il legame con Lorraine, qui in attesa di una bambina, è stretto e inquietante. Dopo un prologo ambientato nel 1964, la vicenda si sposta nel 1986: i Warren convivono con le difficoltà della figlia Judy, determinata a condurre una vita normale nonostante le visioni che continuano a perseguitarla. Le apparizioni diventano sempre più frequenti e minacciose, fino a incrociare il destino di una famiglia della Pennsylvania, gli Smurl, disperati per la loro casa infestata. Questo nuovo caso costringe Ed e Lorraine a tornare sul campo, affrontando non solo forze oscure ma anche fantasmi del loro passato.
Il film si regge così su due anime ben distinte: da un lato il genere puro, fatto di caccia ai demoni, esorcismi e possessioni; dall’altro la dimensione più intima, quella di una famiglia che sente il bisogno di chiudere i conti con gli scheletri nell’armadio per guardare al futuro con serenità. Un binomio che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe conferire spessore alla narrazione e giustificare la chiusura della saga.
Eppure, a livello filmico, queste due direttrici finiscono spesso per entrare in conflitto. La storia si dilunga, diventa ridondante, e fatica ad accendersi davvero. Chaves impiega più di un’ora per arrivare al cuore della nuova indagine, dilatando eccessivamente i preamboli. Se in parte questi servono a costruire atmosfera e background, quando iniziano a ripetersi il ritmo si spezza, lasciando spazio alla monotonia e alla sensazione di già visto. Personalmente ho trovato questa gestione del tempo narrativo poco efficace: quando finalmente l’azione esplode, nell’ultima mezz’ora, il film offre i colpi di scena, i mostri e le possessioni che il pubblico si aspetta, ma lo fa con soluzioni spesso frettolose e poco convincenti.
Come esperienza di intrattenimento, paragonabile a una “casa infestata” dei parchi a tema, The Conjuring: Il Rito Finale riesce comunque a strappare qualche brivido e a mantenere viva l’attenzione. Ma come capitolo conclusivo di una saga che aveva debuttato con ben altro vigore, lascia l’amaro in bocca. A mio avviso, non solo segna un calo evidente rispetto agli inizi, ma riflette anche quella crisi di idee che oggi affligge gran parte del cinema horror mainstream, incapace di rinnovarsi davvero.