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Alla Berlinale 2023 “L’ultima notte di Amore” regala suspense e rara solidità autoriale

Mao Wen, Linda Caridi, Andrea Di Stefano, Pierfrancesco Favino, Francesco Di Leva al photocall (Foto Berlinale)

Milano, giorni nostri. Il tenente Franco Amore ha alle spalle trentacinque anni di onorato servizio. Impeccabile, pacato e autorevole, non ha mai esploso un solo colpo di pistola
nonostante i diversi casi rischiosi affrontati.
La notte del film comincia con la festa a sorpresa organizzatagli dalla moglie. Sì perché Franco, il giorno successivo, andrà in pensione e i suoi parenti, amici e colleghi lo vogliono salutare degnamente. Il poliziotto, che sta preparando il discorso d’addio da mesi, arriva a casa e viene abbracciato da moglie e amici. Mancano soltanto Dino Ruggeri, il collega più caro del protagonista, e Cosimo, il cugino di Viviana, incontrato da Franco di sfuggita in strada sotto gli occhi del figlioletto di Dino, che ha osservato la strana scena dalla finestra dell’appartamento di Franco e Viviana.
È subito chiaro che qualcosa di grave è successo poco prima e l’improvvisa richiamata in servizio di Franco per un pluriomicidio avvenuto sulla tangenziale est lo conferma.
Seguiremo gli sviluppi di quella notte e, parallelamente, torneremo a dieci giorni prima.
Passo passo, indagheremo l’inatteso e insospettabile coinvolgimento di Franco all’interno di un’operazione non ufficiale per un gruppo di cinesi, una trasferta che doveva essere mera
routine ma che ha finito con il compromettere irrimediabilmente la vita di Franco e il suo futuro con Viviana…

 

Linda Caridi e Mao Wen alla prima di “L’ultima notte di Amore” al Berlinale Palast (Foto Berlinale)

 

Selezionato alla Berlinale 2023 nella sezione Berlinale Special Gala, è stato proiettato ieri per la stampa e, in serata, per il pubblico, il terzo lungometraggio dell’attore e regista
Andrea Di Stefano.
Che ha realizzato un noir quasi impeccabile. Dai molti meriti. La scrittura, innanzitutto. Debitrice degli imprescindibili stilemi del genere, la sceneggiatura è densamente articolata e poggia su una struttura ad orologeria che intervalla efficacemente le parti delle sorprendenti scoperte a scene di azione dal raro magnetismo. Che, a loro volta, sono forti di recitazioni esemplari – Pierfrancesco Favino e Linda Caridi ai loro massimi –, di certo supportate dall’esperienza in prima persona del regista.
Di Stefano, inoltre, restituisce una Milano lunare, internazionale e cosmopolita a partire dagli intrighi che in essa si dipanano e “diversamente” locale attraverso l’esplorazione di luoghi arcinoti (Piazza Duomo) e periferie tanto anonime quanto inquietanti.

 

Linda Caridi applaudita dal pubblico del Berlinale Palast (Foto Berlinale)

 

Certo, in alcuni punti la trama sfiora l’inverosimiglianza, ma è l’impianto nel suo complesso a tenere sempre ancorata la partecipazione dello spettatore. Il cui fiato è costantemente
sospeso, dal viaggio aereo dei titoli di testa, fluido e ipnotico, girato – come ha tenuto a precisare il regista – non con un drone ma un vero elicottero, a percorrere la Milano luccicante e quella oscura senza soluzione di continuità, sino alla finestra della casa del protagonista, sulla base di una colonna sonora perfetta fatta di un ritmo cadenzato da sincopati respiri; e poi la scena dell’agguato, una delle più intense e tese degli ultimi anni,
esempio da manuale di come l’azione si fondi sullo sviluppo della trama e la semina di ulteriori indizi; e il rapporto tra Amore e gli altri, i cinesi, il parente acquisito, la moglie… e, infine,… il finale. Tremendo e perfetto.
Davvero un film bello, solido e gravido di suggestioni che non abbandonano lo spettatore dopo i titoli di coda.

 

Pierfrancesco Favino all’ingresso del Berlinale Palast (Foto Berlinale)

Massimo Nardin è Dottore di ricerca in Scienze della comunicazione e organizzazioni complesse, docente universitario presso l'Università LUMSA di Roma e l'Università degli Studi Roma Tre, diplomato in Fotografia allo IED Istituto Europeo di Design di Roma, giornalista pubblicista, critico cinematografico, sceneggiatore e regista. È redattore capo della sezione Cinema della rivista on-line “Il profumo della dolce vita” e membro del comitato di redazione di “Cabiria. Studi di cinema - Ciemme nuova serie”, quadrimestrale del Cinit Cineforum Italiano edito da Il Geko Edizioni (Avegno, GE). È membro della Giuria di “Sorriso diverso”, premio di critica sociale della Mostra del Cinema di Venezia, e del Festival internazionale del film corto “Tulipani di seta nera”. Oltre a numerosi saggi e articoli sul cinema e le nuove tecnologie, ha pubblicato finora tre libri: “Evocare l'inatteso. Lo sguardo trasfigurante nel cinema di Andrej Tarkovskij” (ANCCI, Roma 2002 - Menzione speciale al “Premio Diego Fabbri 2003”), “Il cinema e le Muse. Dalla scrittura al digitale” (Aracne, Roma 2006) e “Il giuda digitale. Il cinema del futuro dalle ceneri del passato” (Carocci, Roma 2008). Ha scritto e diretto diversi cortometraggi ed è autore di due progetti originali per lungometraggio di finzione: “Transilvaniaburg” e “La bambina di Chernobyl”, quest'ultimo scritto assieme a Luca Caprara. “Transilvaniaburg” ha vinto il “Premio internazionale di sceneggiatura Salvatore Quasimodo” (2007) e nel 2010 è stato ammesso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali al contributo per lo sviluppo di progetti di lungometraggio tratti da sceneggiature originali; nell'autunno 2020, il MiBACT ha ammesso “La bambina di Chernobyl” al contributo per la scrittura di opere cinematografiche di lungometraggio.