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ANCHE IO

ANCHE IO
Il film è la storia dell’inchiesta di Jodi Kantor e Megan Twohey pubblicata nel 2017 sul New York Times che ha portato alla luce le molestie sessuali di dell’ambiente cinematografico e del produttore Harvey Weinstein in particolare.
Ma racconta soprattutto la loro storia, delle due protagoniste e del lavoro fatto di riunioni, appunti, telefonate, incontri con testimoni, lasciando “fuori” l’accusato e anche le vittime più illustri: vengono nominati in continuazione ma non si vedono mai o si intravedono, un po’ come se fossero gli adulti delle strisce di Peanuts.
La scelta è proprio questa: concentrarsi sulle protagoniste, sulla redazione e sul rapporto con alcuni testimoni, il resto rimane sullo sfondo. Anche solo a descriverlo così fa venire in mente altri film sul giornalismo, primo fra tutti “tutti gli uomini del presidente”, alcune scene sembrano proprio un omaggio anche se pur brave Carey Mulligan (Megan Twohey) e Zoe Kazan (Jodi Kantor) non sono Dustin Hoffman e Robert Redford.
Ma il film e la storia tutto sommato tengono, anche se alcune volte diventa un po’ lento.

Sr: Che ne pensi Junior? ti è piaciuto?
Jr: Devo essere sincera a me è piaciuto molto, non è il genere di film che guardo di solito ma senz’altro il messaggio arriva. La fatica e l’impegno delle due giornaliste che nonostante l’incubo in cui si stanno addentrando arrivano fino alla fine: lo devono a loro stesse e alle vittime di quell’orrore. Penso che la trama regga bene anche se pecca un po’ di lentezza, nel mezzo il clima di paura si sente, non so tu ma mi aspettavo quasi che potesse arrivare qualcuno a rapirle da un momento all’altro.
Sr: È vero: il clima di tensione è reso molto bene, si respira quasi, molto più che in molti triller! Anche a me è piaciuto tutto sommato, in alcuni passaggi diventa un po’ lento, in altri un po’ retorico verso la figura del giornalista investigativo, ma è di certo un film piacevole da vedere. Forse quello, l’essere incentrato sulla figura del giornalista investigativo, lo rende un po’ difficile da capire (ho letto opinioni contrastanti) per noi in Italia: qui praticamente non esiste. Anche se ci sono programmi come le Iene che ci si ispirano ma non hanno quell’etica tipica del giornalismo americano. In altri film del genere è resa meno bene, in questo secondo me viene fuori molto meglio.
Jr: Sono d’accordo, in Italia c’è una concezione di gionalismo diversa rispetto all’America. Arriva molto bene la determinazione, sia come giornaliste che come donne che hanno Jodi Kantor e Megan Twohey. Disposte a tutto pur di smascherare la verità e dare la voce che meritano alle vittime di abusi. Questa è sicuramente la base della trama che porta a riflettere molto sul mondo che ci circonda, la maggior parte delle volte ci viene venduto il sogno di Hollywood, come è successo a quelle ragazze e ci piace crederci, ma resta il fatto che non è quella la verità.
Sr: Purtroppo è vero, il giornalismo da noi non ha questa funzione. Ma purtroppo è anche vero che senza arrivare alle molestie anche le sole disparità di trattamento che esistono praticamente dappertutto non dovrebbero esserci, ma ci sono. In fondo non siamo così “moderni” come ci piace pensare e sono passate solo una paio di generazione dal ’48.
Un passaggio che mi è piaciuto molto è quando dicevano “queste donne si faranno avanti solo se lo faranno tutte insieme”, li c’è stato un po’ il passaggio da vicende di cui fare la cronaca a persone di cui raccontare la storia, dal “ti senti di dichiararlo?” al “voglio raccontarlo”: molto toccante.
Jr: Si ho sentito davvero tanto la paura di quelle donne, l’indecisione se restare “al sicuro” e non dire niente o esporsi e cercare di fare qualcosa contro queste orribili ingiustizie. Le giornaliste capiscono poi che se le donne decideranno di parlare lo faranno insieme e alla fine succede, c’è infatti una sorta di lieto fine, un sospiro trattenuto per tanto tempo che finalmente può essere rilasciato quando alcune delle donne chiamano Jodi Kantor per dirle che potrà usare il loro nome e quindi dare solidi fondamenti all’articolo che altrimenti avrebbe potuto risultare ad alcuni poco credibile.
Sr: Di certo un lieto fine, se così si può chiamare, o almeno una speranza che dopo quell’articolo le cose possano cambiare e possa non ricapitare.
Ed è in un certo senso un lieto fine per la scelta della regista di non raccontare ne i fatti e, in gran parte, nemmeno le vittime: è come se la vicenda cominciasse “dopo” e fosse solo la storia del racconto dei fatti.
Potrebbe sembrare una scelta un po’ distaccata ma io l’ho trovata buona per raccontare quello che realmente è importante: le conseguenze.
Jr: Alla fine per quanto si possa definire tale c’è il lieto fine, qualcosa è effettivamente cambiato e c’è la speranza che non ricapiti anche se dubito possa davvero succedere. Però penso che finché ci saranno persone pronte a lottare come queste due giornaliste del New York Times ci sarà la speranza che un giorno tutto ciò potrà davvero essere fermato.
Sr: È la piccola, grande lezione della storia raccontata da questo film, il lottare per le cose giuste, ognuno con il proprio lavoro e con quello che sa fare, e non girare la testa, mai.
Direi che è ora di scegliere il prossimo film, idee?
Jr: Quacuna si in realtà, se ti dicessi che l’attore più famoso in assoluto per la sua bellezza è ora nelle sale con il film più stravagante di sempre?

Ci presentiamo, si perché siamo in due e apparteniamo a due generazioni diverse: siamo Senior ovviamente la prima generazione e Junior la seconda. Qui vi raccontiamo i film che vediamo insieme, solo quelli e a caldo, subito dopo che li abbiamo visti. A volte Senior sarà portato a vedere film fantasy, a volte Junior sarà portato a vedere film più impegnati, e ve li raccontiamo dal nostro punto di vista, quello di due generazioni che vanno al cinema insieme.