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Bertrand Bonello confonde e seduce il concorso di Venezia 80 con “La bête”

Bertrand Bonello acclamato dal pubblico della Sala Grande a Venezia 80 (Foto di Massimo Nardin)

Emozioni forti stasera alla prima con il pubblico di “La bête” di Bertrand Bonello.

Gabrielle Monnier si alterna sullo schermo una e trina: aspirante attrice nella Los Angeles del 2014, acclamata pianista nei salotti bene della Parigi del 1910 inondata dalla Senna, paziente del futuro che, nel 2044, è chiamata a decidere se “purificare” o meno il proprio DNA eliminando quindi le emozioni.

La “bestia” e la “purificazione” sono le travi portanti del film e Bonello ne mantiene e sviluppa la feconda ambivalenza. “Bestia” è una minaccia che spaventa e l’inizio del film la fa mettere letteralmente in scena alla magnifica Léa Seydoux, protagonista assoluta, chiamata là a inventare e percepire quel che non c’è – ancora – dentro gli “schermi verdi” del set in cui sta recitando; “bestia” è l’uomo, che in ogni capitolo incombe, è il virus che
ammorba un computer, è l’esondazione della Senna, incursioni che penetrano, distruggono e uccidono, ma che parimenti aprono prospettive nuove e, al limite, completano chi quelle stesse incursioni subisce, permettendone l’inattesa liberazione.

 

Bonello con il Direttore artistico Alberto Barbera all’ingresso del Palazzo del Cinema (Foto di Massimo Nardin)

 

Anche, appunto, dall’altra parallela minaccia, o deriva, quella rivestita dalla “purificazione” (non solo genetica), dalla chiusura in sé (in uno schema, un microcosmo di bambole o automi), dal solipsismo suicida, dalla “uni-versalità”: la “bestia” coincide allora con la vita, il sangue, l’ignoto, il “fuori dal digitale” e con la linfa di cui quelle stesse logiche azzeranti e uniformanti si nutrono. I due poli si avvicinano, si scambiano le posizioni, mettendo in crisi
le distinzioni tra “bene” e “male”, “vita” e “morte”, “identità” e “alterità”.
Bonello, rivisitando liberamente il racconto di Henry James “La bestia nella giungla”, ha il merito di inverare la propria articolata riflessione sull’esistenza dentro l’autorevolezza e la competenza di un impasto immaginifico carico di suggestioni e rimandi ai capolavori del cinema e dell’arte, regalandoci un’opera affascinante e inesauribile, cui giova una pluralità
di visioni.

Massimo Nardin è Dottore di ricerca in Scienze della comunicazione e organizzazioni complesse, docente universitario presso l'Università LUMSA di Roma e l'Università degli Studi Roma Tre, diplomato in Fotografia allo IED Istituto Europeo di Design di Roma, giornalista pubblicista, critico cinematografico, sceneggiatore e regista. È redattore capo della sezione Cinema della rivista on-line “Il profumo della dolce vita” e membro del comitato di redazione di “Cabiria. Studi di cinema - Ciemme nuova serie”, quadrimestrale del Cinit Cineforum Italiano edito da Il Geko Edizioni (Avegno, GE). È membro della Giuria di “Sorriso diverso”, premio di critica sociale della Mostra del Cinema di Venezia, e del Festival internazionale del film corto “Tulipani di seta nera”. Oltre a numerosi saggi e articoli sul cinema e le nuove tecnologie, ha pubblicato finora tre libri: “Evocare l'inatteso. Lo sguardo trasfigurante nel cinema di Andrej Tarkovskij” (ANCCI, Roma 2002 - Menzione speciale al “Premio Diego Fabbri 2003”), “Il cinema e le Muse. Dalla scrittura al digitale” (Aracne, Roma 2006) e “Il giuda digitale. Il cinema del futuro dalle ceneri del passato” (Carocci, Roma 2008). Ha scritto e diretto diversi cortometraggi ed è autore di due progetti originali per lungometraggio di finzione: “Transilvaniaburg” e “La bambina di Chernobyl”, quest'ultimo scritto assieme a Luca Caprara. “Transilvaniaburg” ha vinto il “Premio internazionale di sceneggiatura Salvatore Quasimodo” (2007) e nel 2010 è stato ammesso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali al contributo per lo sviluppo di progetti di lungometraggio tratti da sceneggiature originali; nell'autunno 2020, il MiBACT ha ammesso “La bambina di Chernobyl” al contributo per la scrittura di opere cinematografiche di lungometraggio.