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Diavoli, quell’insostenibile leggerezza tra il bene e il male

Parlare di finanza non è mai facile. Perché il rischio è che cercando di renderla appetibile per il grande pubblico si finisca per cedere a luoghi comuni o banalizzare troppo ‘sui fili che muovono il mondo’.

Ci ha provato, con successo, la serie tv Diavoli andata in onda ogni venerdì sera, per cinque settimane su Sky Atlantic, ispirata ad un romanzo di qualche anno fa di Guido Maria Brera, che mette in scena la contrapposizione tra bene e male, grazie all’interpretazione di Alessandro Borghi, nella fiction Massimo Ruggiero, broker italiano che si è fatto da solo mettendosi alle spalle un passato difficile, e Patrick Dempsey, ovvero Dominic Morgan, amministratore delegato della New York – London Investment bank (NYL), sposato con Nina (Kasia Smutniak), ereditiera di una famiglia nobile che gli ha aperto le porte a tutti gli ambienti più in vista della City.

Dieci puntate ben costruite che ricordano molto nello stile, nella musica, nel montaggio un’altra serie televisiva che è durata 6 stagioni prodotta da Netflix e che aveva in Kevin Spacey il grande lucifero: House of Cards – Gli intrighi del potere. Due rappresentazioni simmetriche con un fine quasi identico: la brama del successo, il raggiungimento del potere, finisce per uccidere tutto il resto: amore, affetti, relazioni, la vita vera. Insomma questa è la favola servita per l’uomo comune, quello che invece guardando all’ostentazione dei banchieri o dei politici sogna il grande passo, il salto da una condizione banale ad una nuova dimensione fatta di soldi, lusso e bella vita.

Ma è davvero così? Chi stabilisce cosa è giusto o cosa è sbagliato? Quale è lo stile di vita più appropriato? È chiaro che le estremizzazioni non sono mai veritiere, così come la fotografia del ricco ‘infelice’ e del borghese ‘scontento’. Eppure questo quadro nella serie tv Diavoli è portato all’eccesso, fino al punto che il protagonista buono, o almeno quello che agli occhi dei telespettatori così appare, Alessandro Borghi per la sua smania di arrivare primo finisce per perdere prima sua moglie e poi la giovane compagna Sofia (l’attrice spagnola Laia Costa) che lo stava aiutando a vincere tutti i suoi demoni.

Perché anche qui nulla è chiaro e definito e il confine tra bene e male è molto labile, al punto che anche se si fa il tifo per il broker italiano non si può non condividere, almeno nel più recondito inconscio, quello che ha fatto il cattivo Patrick Dempsey, ovvero per salvare la moglie (e la banca) ha cercato di giocare ogni sua carta nella partita più grande quella del dollaro contro l’euro. Anche qui la contrapposizione tra due monete che, almeno nel mondo della finanza, non possono andare d’accordo, dove una deve prevalere, per forza di cose, sull’altra.

Tutto questo si gioca, lungo tutto la serie televisiva, sulle macerie che la finanza può causare nei destini di ogni paese e dei suoi cittadini. Così se si hanno debiti pubblici troppo elevati, come Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna si finisce per essere dei Piigs, dei maiali, espressione che è entrata nelle cronache economiche con virulenza al punto da rendere plastica la crisi economica che ha vissuto l’Italia (caduta del governo Berlusconi e arrivo del tecnico Mario Monti nel novembre del 2011) ma anche gli altri paesi che hanno dovuto ricorrere agli aiuti economici del Fondo Monetario Internazionale pur di evitare la bancarotta.

La morale? L’Italia si è salvata grazie all’opera di super Mario Draghi, il governatore della Bce che nel 2012 con suo whatever it takes – fare tutto il possibile – ha permesso di salvare l’eurozona e il nostro Paese. Una storia che sembra ripetersi anche in questi giorni con il debito italiano sotto pressione per via del Covid-19 e del rallentamento economico.

Se ci sarà una seconda stagione di Diavoli – ma la produzione ha già detto di sì – si dovrà necessariamente partire da qui. E ancora una volta il confine tra bene e male, tra finzione e realtà, sarà molto difficile da distinguere. Ci vorrebbe un diavolo per venirne a capo!

Giornalista professionista, ha lavorato nelle redazioni del Tg4, Il Giornale, Liberal, Affari & Finanza e, come corrispondente, per Tribuna de Actualidad. È stato tra i curatori della comunicazione aziendale di Cirlab, Netsystem ed Enel. È autore dei libri El Paìs, le ragioni di una svolta (FrancoAngeli, 1999), Europa di carta guida alla stampa estera (FrancoAngeli, terza edizione 2009) e coautore del volume Guido Gonella, il giornalista (Edizioni Goliardiche, 2006). Ha insegnato Storia del giornalismo europeo all'Università Lumsa di Roma. Nel 2006 ha vinto il premio giornalistico come addetto stampa dell'anno per l'economia. E' stato capo ufficio stampa del Ministero del Commercio Internazionale, vice coordinatore dell'Ufficio Stampa e Comunicazione del Ministero dello Sviluppo Economico e assistente per la stampa nazionale a Palazzo Chigi durante l'esperienza del Governo tecnico guidato dal prof. Mario Monti.