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“I limoni d’inverno” di Caterina Carone alla Festa del Cinema di Roma

Caterina Carone parla del film in conferenza stampa accanto a Teresa Saponangelo e Christian De Sica (Foto di Massimo Nardin)

Presentata oggi, nella sezione Grand Public della diciottesima Festa del Cinema di Roma – Rome Film Fest, l’opera seconda di Caterina Carone, “I limoni d’inverno”.
Pietro Lorenzi (un crepuscolare, etereo e commovente Christian De Sica) è un professore di lettere in pensione che, dopo il divorzio dalla moglie, vive da solo ed ora inizia ad accusare
problemi di memoria. Occupa le giornate dedicandosi alle piante del terrazzo del suo bell’appartamento e alla scrittura di un libro su donne e artiste di talento, sottovalutate in vita, che hanno cambiato la storia (Zelda Fitzgerald, Hedy Lamarr, Alice Guy-Blaché, Tina Modotti e Hilma af Klint); Eleonora (la potente e intensa Teresa Saponangelo) è la sua nuova dirimpettaia, che – messe da parte le ambizioni artistiche coltivate ai tempi
dell’accademia – divide la propria vita tra il marito, celebrato fotografo spesso assente, e – esattamente come il suo dirimpettaio – le piante sul terrazzo di fronte a quello di Pietro. Lo
sguardo che si scambiano i due apre una frequentazione, discreta e a distanza, fondata su lacune e sensibilità simili. Un rapporto che l’incalzare della malattia di Pietro metterà ben
presto in crisi…

Christian De Sica, Caterina Carone e Teresa Saponangelo in conferenza stampa (Foto di Massimo Nardin)

 

A sette anni di distanza da “Fräulein. Una fiaba d’inverno”, il suo esordio nel lungometraggio di finzione, Caterina Carone, forte stavolta dei due maestri che ha scelto di avere al proprio fianco, Daniele Ciprì alla fotografia e Nicola Piovani alle musiche, resta
nel tardo inverno della propria poetica approfondendola e allargandone il raggio: ad essere indagati non sono i soli due protagonisti, ma i loro mondi di provenienza, apparentemente agli antipodi ma in qualche modo connessi da sempre. “I limoni d’inverno” si sviluppa così lungo due normali, nella verticalità che porta a poco a poco i due personaggi a scendere
dall’alto di un “vicinato separato” al basso di una prossimità di sentimento, e nell’orizzontalità che esplora spazi e comprimari “altri” rispetto al condominio, spostando lo
sguardo sin dentro un ospedale e sulle rive del litorale laziale.
L’opera seconda di Carone dimostra un’autorialità più matura e armonica rispetto al film precedente, e l’acquisita padronanza delle componenti cinematografiche le consente di
tessere una trama dialogica sempre più complessa grazie al progredire di dettagli, sfumature e silenzi.

Massimo Nardin è Dottore di ricerca in Scienze della comunicazione e organizzazioni complesse, docente universitario presso l'Università LUMSA di Roma e l'Università degli Studi Roma Tre, diplomato in Fotografia allo IED Istituto Europeo di Design di Roma, giornalista pubblicista, critico cinematografico, sceneggiatore e regista. È redattore capo della sezione Cinema della rivista on-line “Il profumo della dolce vita” e membro del comitato di redazione di “Cabiria. Studi di cinema - Ciemme nuova serie”, quadrimestrale del Cinit Cineforum Italiano edito da Il Geko Edizioni (Avegno, GE). È membro della Giuria di “Sorriso diverso”, premio di critica sociale della Mostra del Cinema di Venezia, e del Festival internazionale del film corto “Tulipani di seta nera”. Oltre a numerosi saggi e articoli sul cinema e le nuove tecnologie, ha pubblicato finora tre libri: “Evocare l'inatteso. Lo sguardo trasfigurante nel cinema di Andrej Tarkovskij” (ANCCI, Roma 2002 - Menzione speciale al “Premio Diego Fabbri 2003”), “Il cinema e le Muse. Dalla scrittura al digitale” (Aracne, Roma 2006) e “Il giuda digitale. Il cinema del futuro dalle ceneri del passato” (Carocci, Roma 2008). Ha scritto e diretto diversi cortometraggi ed è autore di due progetti originali per lungometraggio di finzione: “Transilvaniaburg” e “La bambina di Chernobyl”, quest'ultimo scritto assieme a Luca Caprara. “Transilvaniaburg” ha vinto il “Premio internazionale di sceneggiatura Salvatore Quasimodo” (2007) e nel 2010 è stato ammesso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali al contributo per lo sviluppo di progetti di lungometraggio tratti da sceneggiature originali; nell'autunno 2020, il MiBACT ha ammesso “La bambina di Chernobyl” al contributo per la scrittura di opere cinematografiche di lungometraggio.