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LA MUMMIA (Kurtzman, 2017)

La Mummia è il primo film di un nuovo franchise – denominato Dark Universe – che dovrebbe mettere assieme tutti i mostri classici della Universal in un immaginario condiviso. Ebbene, come introduzione a tale universo questo ennesimo reboot non riesce a convincere appieno. Diretto da uno dei più fortunati sceneggiatori dell’officina JJAbrams & Company, Alex Kurtzman (qui alla sua seconda esperienza registica) segue solo vagamente il plot originale e cerca di reinventarne il mito (ad esempio “scompare” l’Egitto e l’azione si sposta tra Iraq  e Londra, con la medesima e curiosa valutazione delle distanze già vista in Transformers 2, sceneggiato proprio da Kurtzman) per così adattarlo all’odierna logica videoludica (la primissima parte del film è un omaggio abbastanza esplicito, talvolta citazionistico, al celebre videogioco Uncharted).

Tom Cruise è un ricognitore militare che durante le proprie missioni in Iraq si diletta ad improvvisarsi avventuriero/tombarolo. In una di queste missioni, s’imbatte nella tomba di un’antica “regina” egizia, che fu lì rinchiusa perché – avendo abbracciato il male assoluto – voleva far incarnare una divinità maligna e con essa governare il mondo. Non potendo essere “uccisa”, alcuni sacerdoti egiziani che la fermarono poco prima di riuscire a completare il rituale sacrificale e concretare la divinità, decisero di rinchiuderla in una tomba lontano dall’Egitto, appunto in Iraq, in modo che non potesse più risvegliarsi. Va da sé che proprio Tom Cruise la libera ed ora ella può cercare finalmente di portare a termine la sua opera. Per fare ciò le mancano solo due cose: un prescelto atto a incarnare la malvagia divinità ed un pugnale sacrificale senza il quale non sarebbe possibile compiere il rituale.

La cosa più complessa in film di questo tipo non è tanto elaborare il plot, che solitamente è solo un pretesto, ma da esso ricavarne un intreccio magari semplice, ma sempre avvincente e sopratutto coerente. Ebbene, è proprio qui che La Mummia di Kurtzman sembra non funzionare.

foto di scena del film La Mummia con Tom Cruise
ufficio stampa

Anche non considerando le oramai consuete illogicità ed i non-sense all’interno  della stessa struttura narrativa prescelta, marchio di fabbrica delle sceneggiature di Abrams, Kurtzman, Orci e Lindelof – la narrazione non solo è “mostruosamente” cliched, ma sopratutto non è neanche sostenuta da scene autenticamente cool (che è la vera ed unica cifra stilistica dell’abramismo), ma sopratutto da un ritmo valido, con intere scene che appaiono inutili, se non considerate come mero trait d’union del suddetto Dark Universe.

Che dire, ad esempio di una società segretissima – il Prodigium, qui guidata da Russel Crowe – che dovrebbe rappresentare una sorta di elite delle elite nella sicurezza contro le mostruosità, che però decide di liberare, in parte intenzionalmente, una malvagità rinchiusa in una prigione che ha ben svolto il proprio compito per più 5000 anni, e questo solo per poi cercare di una rinchiuderla in un prigione che, si dovrebbe supporre, seppur dotata di tecnologie di millenni più sofisticate,  si dimostra violabile in pochi minuti.

Ed è così che La Mummia si dipana in una serie continuata di inseguimenti purtroppo tutti uguali e che non tardano a diventare tedio e che peraltro minano il sottotesto del triangolo amoroso, il quale rimane una mera pia intenzione. Vengono anche inseriti Zombie e Cavalieri Crociati, cioè oggigiorno tra gli elementi più triti e banali di ogni narrazione horror/misterica.

Anche il finale, che dovrebbe funzionare da colpo di scena e apripista per eventuali seguiti, viene sacrificato sull’altare di una pressapochismo per il quale l’intenzione dovrebbe giustificare di per sé la messa in scena, la quale, invece, è pervasa anch’essa  dall’un- plotting kurtzmaniano.

Peccato, anche solo perché se l’intenzione dei produttori è, come sembra, quella d’entrare come terzo incomodo nell’agone dei Super-Sentai occidentali (Marvel-Disney e DC- Warner), questo La Mummia non è certo il miglior biglietto d’ingresso.