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A Cannes LES CHATOUILLES appassiona e commuove: lo shock della pedofilia superato dalla potenza di una fiaba

Presentato al 71. Festival di Cannes, nella sezione “Un certain regard”, “Les chatouilles”, l’opera prima della coppia – sul palco, sul set e nella vita – Andréa Bescond ed Eric Métayer.
Il lungometraggio è il punto di arrivo dello spettacolo teatrale diretto da Métayer e scritto dalla Bescond. La quale, sul palco così come nel film, è anche la protagonista assoluta. A teatro addirittura l’unica, essendosi trattato di un one-woman show (tra l’altro vincitore di numerosi premi, quali il Molière 2016 per uno spettacolo con attore unico, il premio alla miglior attrice al Critiques Avignon Off, il SACD New Theatre Talent Award e il premio dell’Académie Française per il miglior talento giovanile.
In un Festival quanto mai sensibile alle diversità e alle violenze inferte ai più deboli, l’accoglienza riservata dal pubblico al film è stata doppiamente entusiastica. Persino commossa. Già, perché la vicenda trattata è tra le più delicate e difficili da mettere in immagini: la pedofilia, ovvero gli abusi sessuali su una bambina inferti dal più caro amico di famiglia. Una violenza che ha perpetrato i propri nefasti effetti nell’adolescenza e nell’età adulta di Odette, impedendole di interfacciarsi con la vita, l’amore, la professione e… il proprio passato in maniera serena e costruttiva. E così la danza classica praticata con entusiasmo da piccola s’è trasformata in una street-performance in cui scaricare la rabbia; i rapporti affettivi restano segnati dalla precarietà e un’intesa impossibile; la trasgressione ha assunto le forme classiche dell’alcool e delle droghe leggere. Finché – all’inizio del film -, nella vita di Odette non è entrata una psichiatra coetanea. Una complice, soprattutto, capace di superare le barriere della protagonista con l’ascolto, la dolcezza e l’autorevolezza, accompagnandola nella dolorosa ma indispensabile rievocazione degli episodi cardine dell’infanzia e della giovinezza.
Il film unisce infatti – senza soluzione di continuità – le varie epoche, alternandole in un unico quadro. In uno specchio, ad esempio, la protagonista dell’oggi vede se stessa bambina e l’azione si sposta immediatamente (nella stessa scena) in quel periodo, oppure, uscendo dallo studio di psichiatria, la porta rosa oltre la quale si consumavano le violenze si frappone tra Odette e il reale ingresso dell’edificio. L’approccio dei due registi evita ogni scabrosità con la delicatezza e l’ironia. Alla piccola Odette, d’altronde, oltre che ballare piace disegnare: “Les chatouilles” ha il raro e prezioso merito di trasfigurare l’indicibile violenza nei colori di una fiaba percorsa da una progressiva, inesausta e salvifica presa di coscienza. Il risultato è sorprendente e fa ben sperare per le future opere della coppia di registi. Chissà se ancora sostenuti dalla doppia prova della Bescond, qui straordinaria autrice, attrice e performer, giustamente premiata dall’abbraccio collettivo dello strabiliato pubblico di questa anteprima.

Massimo Nardin è Dottore di ricerca in Scienze della comunicazione e organizzazioni complesse, docente universitario presso l'Università LUMSA di Roma e l'Università degli Studi Roma Tre, diplomato in Fotografia allo IED Istituto Europeo di Design di Roma, giornalista pubblicista, critico cinematografico, sceneggiatore e regista. È redattore capo della sezione Cinema della rivista on-line “Il profumo della dolce vita” e membro del comitato di redazione di “Cabiria. Studi di cinema - Ciemme nuova serie”, quadrimestrale del Cinit Cineforum Italiano edito da Il Geko Edizioni (Avegno, GE). È membro della Giuria di “Sorriso diverso”, premio di critica sociale della Mostra del Cinema di Venezia, e del Festival internazionale del film corto “Tulipani di seta nera”. Oltre a numerosi saggi e articoli sul cinema e le nuove tecnologie, ha pubblicato finora tre libri: “Evocare l'inatteso. Lo sguardo trasfigurante nel cinema di Andrej Tarkovskij” (ANCCI, Roma 2002 - Menzione speciale al “Premio Diego Fabbri 2003”), “Il cinema e le Muse. Dalla scrittura al digitale” (Aracne, Roma 2006) e “Il giuda digitale. Il cinema del futuro dalle ceneri del passato” (Carocci, Roma 2008). Ha scritto e diretto diversi cortometraggi ed è autore di due progetti originali per lungometraggio di finzione: “Transilvaniaburg” e “La bambina di Chernobyl”, quest'ultimo scritto assieme a Luca Caprara. “Transilvaniaburg” ha vinto il “Premio internazionale di sceneggiatura Salvatore Quasimodo” (2007) e nel 2010 è stato ammesso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali al contributo per lo sviluppo di progetti di lungometraggio tratti da sceneggiature originali; nell'autunno 2020, il MiBACT ha ammesso “La bambina di Chernobyl” al contributo per la scrittura di opere cinematografiche di lungometraggio.