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L’orchestra di pace del film “Crescendo” conquista il Festival di Monaco di Baviera

Peter Simonischek (a sinistra) e Dror Zahavi (a destra)

Il film “Crescendo #makemusicnotwar”, sulla straordinaria avventura di un’orchestra israelo-palestinese, è stato proiettato ieri sera in prima mondiale al 37. Festival di Monaco.

I fortunati detentori di un biglietto per la Sala Carl Orff del Gasteig hanno assistito ad un piccolo, grande miracolo. In cui l’Italia, con l’Alto Adige come principale location, la film commission IDM e la casa di produzione Filmvergnügen di Peter Trenkwalder e Monika Reinthaler, figura tra gli assoluti protagonisti, assieme alla Germania (con CCC Filmkunst GmbH di Alice Brauner, in co-produzione con MZ- Film GmbH di Michael Zechbauer, AVE Publishing GmbH & Co. KG di Walid Nakschbandi e Niama Film di Thomas Reisser e Marcus Machura, e il sostegno di HessenFilm und Medien GmbH e Deutsche Filmförderfonds) e l’Austria (ServusTV, canale televisivo privato edito da Red Bull Media House).

La produttrice Alice Brauner

Nonostante la fiducia e l’entusiasmo dei promotori, come ha ricordato una commossa Alice Brauner sul palco davanti ai numerosi protagonisti artistici e produttivi, “Crescendo” si è rivelato un progetto estremamente difficile da realizzare, in cui all’inizio nessuno sembrava credere. A poco a poco, tuttavia, ha conquistato i produttori giusti e, in un inarrestabile “crescendo” che rima con il titolo del film, è approdato all’ovazione di ieri sera.

Il produttore Peter Trenkwalder

Da fuori, sembra incredibile che le produzioni internazionali non abbiano fatto a gara per conquistarsi la titolarità di un progetto del genere. La cui idea, come tutte le idee vincenti che oltrepassano confini e barriere, è semplice e geniale.

Con Peter Trenkwalder, Eva Perwanger (IDM) e Monika Reinthaler

Un concerto di giovani musicisti, in effetti, non ha nulla di particolare. Ma, se quei giovani musicisti provengono dalla Palestina e da Israele, un tale concerto assume i caratteri della sfida rivoluzionaria.

È la sfida accettata dal regista Dror Zahavi per il tramite del personaggio protagonista del suo film, il Maestro Eduard Sporck, interpretato da Peter Simonischek (applaudito protagonista di “Vi presento Toni Erdmann”, film in concorso a Cannes 2016 e nominato agli Oscar per il Miglior film straniero).

Sporck è un famoso direttore d’orchestra che insegna in un’università di Francoforte. La missione di cui viene incaricato, facendo affiorare in lui antiche ferite, lo porta dapprima a rifiutare; poi, però, finisce con il coinvolgerlo e galvanizzarlo, portandolo a profondere tutte le energie per la migliore riuscita di un progetto quasi impossibile: preparare un concerto con giovani orchestrali della Palestina e di Israele per accompagnare i negoziati di pace tra i due paesi. Il segnale più potente contro l’odio e ostilità etniche vecchie di millenni e apparentemente invincibili.

Ostilità, contraddizioni, tensioni presenti fin dallo stupefacente inizio del film. In un inconsapevole dialogo a distanza che si riproporrà – stavolta consapevole, collettivo e dirompente – nel toccante finale, due dei giovani futuri orchestrali si stanno esercitando nelle rispettive dimore. Lui (un intenso Daniel Donskoy), israeliano, nella (relativa) tranquillità della propria casa; lei (una bravissima Sabrina Amali), palestinese, dentro un appartamento che si affaccia su una delle mille vie della sua terra martoriate da attentati, sparatorie e inseguimenti. La tenace ragazza – perfetta portavoce del gruppo che sta per formarsi -, pur scossa nel profondo, non desiste e non abbandona il proprio sogno: chiude le finestre e si getta con ancora maggior determinazione sullo spartito, certa come tutti i suoi compagni, tanto palestinesi quanto israeliani, che quella che sta facendo sia un’impresa coraggiosa e fondamentale per la pace nel mondo.

Sabrina Amali (a destra)

Da quel momento, una serie di ostacoli si opporrà alla realizzazione del progetto. A cominciare dal meticoloso e a tratti surreale controllo alla dogana israeliana, che rischierà di far arrivare in ritardo la giovane violinista assieme ad un altro dei protagonisti palestinesi.

E sarà proprio l’incosciente azzardo, vitale e tragico insieme, messo in essere da quest’ultimo assieme ad una ragazza israeliana – un’unione inaccettabile per la maggioranza delle due etnie – a incrementare la tensione attorno ad un gruppo di per sé coeso e aperto al dialogo e alla speranza comune.

Ciò avverrà in Alto Adige, la terra eletta a residenza delle prove, in un incalzante e magnetico “crescendo” che condurrà ad un sorprendente finale da brividi sulle note del “Boléro” di Joseph Maurice Ravel.

Con Sabrina Amali

L’Alto Adige, appunto: il castello isolato nella selvaggia e protettiva natura montana (lo Schloss Englar di Appiano, paese premiato da IDM quale “Migliore location del 2018”), dove i ragazzi vivono fianco a fianco, si esercitano, si confrontano sotto la paziente guida del loro insegnante e immaginano un futuro diverso, rappresenta un (non)luogo perfetto da molti punti di vista.

Non soltanto da quello produttivo: l’eccellenza e il carattere spiccatamente internazionale di IDM e del settore cinematografico locale sono ormai noti e ricercati da produzioni provenienti da tutto il mondo. L’Alto Adige, a ben guardare, riveste in “Crescendo” un ruolo ancora più profondo, meta-cinematografico: terra percorsa in passato da tensioni analoghe a quelle patite dai protagonisti del film, si propone oggi sulla scena internazionale quale modello di integrazione e crescita collettiva, vissuta nel pieno riconoscimento e nell’armonico potenziamento di ciascuna diversità.

Vien quindi da pensare che gli attori di “Crescendo”, assieme ai veri giovani musicisti provenienti da Israele e Palestina, abbiano trovato in Alto Adige un valore aggiunto, un orizzonte concreto, un frammento di realtà che ha impreziosito e inverato il portato ideale della narrazione filmica.

“Crescendo” uscirà nel gennaio del prossimo anno in Germania. E speriamo di lì a poco anche in Italia.

Massimo Nardin è Dottore di ricerca in Scienze della comunicazione e organizzazioni complesse, docente universitario presso l'Università LUMSA di Roma e l'Università degli Studi Roma Tre, diplomato in Fotografia allo IED Istituto Europeo di Design di Roma, giornalista pubblicista, critico cinematografico, sceneggiatore e regista. È redattore capo della sezione Cinema della rivista on-line “Il profumo della dolce vita” e membro del comitato di redazione di “Cabiria. Studi di cinema - Ciemme nuova serie”, quadrimestrale del Cinit Cineforum Italiano edito da Il Geko Edizioni (Avegno, GE). È membro della Giuria di “Sorriso diverso”, premio di critica sociale della Mostra del Cinema di Venezia, e del Festival internazionale del film corto “Tulipani di seta nera”. Oltre a numerosi saggi e articoli sul cinema e le nuove tecnologie, ha pubblicato finora tre libri: “Evocare l'inatteso. Lo sguardo trasfigurante nel cinema di Andrej Tarkovskij” (ANCCI, Roma 2002 - Menzione speciale al “Premio Diego Fabbri 2003”), “Il cinema e le Muse. Dalla scrittura al digitale” (Aracne, Roma 2006) e “Il giuda digitale. Il cinema del futuro dalle ceneri del passato” (Carocci, Roma 2008). Ha scritto e diretto diversi cortometraggi ed è autore di due progetti originali per lungometraggio di finzione: “Transilvaniaburg” e “La bambina di Chernobyl”, quest'ultimo scritto assieme a Luca Caprara. “Transilvaniaburg” ha vinto il “Premio internazionale di sceneggiatura Salvatore Quasimodo” (2007) e nel 2010 è stato ammesso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali al contributo per lo sviluppo di progetti di lungometraggio tratti da sceneggiature originali; nell'autunno 2020, il MiBACT ha ammesso “La bambina di Chernobyl” al contributo per la scrittura di opere cinematografiche di lungometraggio.