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Quo Vado? Checco Zalone e il mito del “Posto Fisso”. Recensione

Quo Vado? Checco Zalone e il mito del “Posto Fisso”. Recensione

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QUO VADO? Il ritorno di Checco Zalone al cinema. Recensione di Andrea Gentili

checco zalone-Quo vado

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Già la voluta ed evidente parafrasi della domanda che Pietro, il principe degli Apostoli, rivolse a Gesù, “ Quo vadis? “, è indicativa del genere comico, veramente comico, di questa ennesima e riuscita fatica di Luca Medici, in arte Checco Zalone, perché il film che è in sala dal primo giorno di questo 2016 rivela, seppure ve ne fosse ancora bisogno, del fatto che, svolgendosi l’azione in Italia, tutto è ormai, purtroppo, divenuto comico.
Gennaro Nunziante, il regista che ormai è alla sua quarta esperienza con Zalone è in questa occasione davvero straordinario, sostenuto da uno splendido ed indovinato soggetto opera anche dello stesso attore protagonista che, ormai è la consuetudine, appare davvero eccezionale nella interpretazione di un personaggio che sembra uscire dall’immensità della pubblica amministrazione della quale l’Italia dovrebbe andare fiera dopo che nei trascorsi anni sessanta si è rimpinzata di impiegati assunti solo a fini politici: il film svela, come se ve fosse ancora bisogno, fatti, eventi, atteggiamenti ormai noti alla stragrande maggioranza del pubblico il quale così assiste, rivivendoli, a momenti che ognuno di noi ha conosciuto tanto per averli vissuti sulla propria pelle che per quanto si vede e si dice in giro: Checco è un ragazzo amante del “posto fisso”, non abbandonerebbe mai la sua famiglia la quale, al pari di una chioccia, generosamente continua ad ospitarlo; i suoi genitori ( Peppino interpretato da un bravo Maurizio Micheli e Caterina, un’ottima Ludovica Modugno ) continuano a farlo sognare dolcemente cullandolo e proteggendolo anche di fronte agli attacchi della sua eterna fidanzata che vorrebbe sposarlo ma che Checco sfugge perché non ha proprio intenzione di assumersi responsabilità; la pacchia continua fino a quando non viene varata dal governo una ennesima e mai raggiunta riforma della pubblica amministrazione, cosa che comporta l’abolizione del posto di “ timbratore di licenze di pesca “ fino ad allora ricoperto da Checco, cosa che comporta la decadenza di una lunga serie di benefici.
L’inevitabile necessità di trasferirlo ad altro incarico, lontano da casa, è la causa delle vicissitudini vissute dall’impiegato Checco, vicissitudini che la pervicacia di una altrettanto ambiziosa dirigente ministeriale accentua assegnandolo a vari incarichi sempre più lontani da casa sua che, prima della riforma, era situata proprio davanti all’ufficio, fino a raggiungere, dopo aver vissuto la più varie esperienze, niente meno che una base scientifica ubicata al lontano Polo Nord: è a questo punto che il film raggiunge i suoi più alti vertici di comicità e di critica al nostro sistema di vita all’italiana, tanto che il buon Checco apprezza talmente le abitudini nord euopee fino ad adattarsi al nuovo sistema di vita che la conoscenza di una scienziata norvegese comporta per lui, con relativo apprezzamento della rettitudine – da noi poco conosciuta – di vita di quel popolo, scoprendo orizzonti a lui lontanissimi sia per concezione culturale che materiale.
Scenari ed ambientazioni bellissime, una fotografia eccezionalmente adatta al genere spiegano come il buon italiano Checco, assegnato alla base polare ad aiutare la scienziata Valeria per lo studio degli animali in via di estinzione, non riesca, caparbio com’è, a capire che il posto fisso è ormai, come gli animali che studia, in via di estinzione: continua a combattere la sua battaglia per mantenerlo, pur adattandosi, dopo averlo assimilato, ad un sistema di vita molto più civile che da noi in quanto comportante anche una nuova e più concreta educazione al convivere; un’altra figura tipicamente italiana, il senatore Binetto ( Lino Banfi, bravo come sempre ), suo punto di riferimento nei vari atteggiamenti che via via assumerà nelle varie proposte che gli vengono formulate per dimettersi, interviene a convincerlo di non abbandonare la lotta per quel posto fisso che con tanta pervicacia riesce a mantenere: il risultato sarà la vittoria dell’italianità sull’educazione “ avanzata “ che la scienziata Valeria sembrava ormai avergli inculcato, ma l’italianità di Checco trionferà nella parte finale del film, con tutta la sua generosità e con tutta la sua bontà, che, finalmente, troverà positivo risvolto anche nei confronti della gelida Valeria nel frattempo divenuta sua moglie e madre di un suo figlio.
Insomma, una satira piccante e ben condotta sul lavoro in Italia e sul pubblico impiego, sul nostro sistema assistenzialista, sul nostro modo di ritenere lo Stato come padre che generosamente dovrebbe assisterci in tutte le nostre esigenze di vita, perfettamente riuscita, tale che per il primo giorno di programmazione della pellicola, è già registrato il tutto esaurito.

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